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Draghi torna in trincea, le sue munizioni: taglio dei tassi, aiuti alle banche, ricaricare il Qe

Grande attesa sui mercati per la riunione della Bce di giovedì. Il piano d'acquisto di titoli è il punto più dibattuto. Nelle ultime ore si sono insinuati i dubbi: forse il mercato si è sovraccaricato di aspettative

 

di RAFFAELE RICCIARDI 11 Settembre 2019

 

MILANO - Giunto al penultimo board sotto la sua guida, Mario Draghi si ritrova ancora una volta a giocare un ruolo decisivo per i mercati finanziari e il futuro economico del Vecchio continente. Prima di lasciare la guida della Banca centrale europea, a fine ottobre, nelle mani di Christine Lagarde, con ogni probabilità avrà lanciato un pacchetto di misure che sopravviverà al termine del suo incarico e segnerà le prime mosse della ex direttrice del Fmi.

 

Con la minaccia di Brexit che pende sul futuro dell'Europa, i dazi di Trump che ancora imperversano, un'economia in rallentamento che vede cedere proprio la locomotiva tedesca più di altri e soprattutto le aspettative di inflazione che non si schiodano dall'1,2 per cento, l'azione della Bce è stata preparata per tempo. Da abile utilizzatore delle parole, Draghi aveva seminato nella sua uscita pubblica al simposio di Sintra e poi, a luglio, aveva chiaramente indicato la rotta che la Bce avrebbe seguito.

 

I mercati hanno preso atto degli stimoli in arrivo e, spinti anche dai timori di recessione, hanno comprato a piene mani le obbligazioni, in particolare di Stato. I record sono stati abbattuti come birilli, dai rendimenti dei Treasury (è montata anche l'attesa per nuovi tagli dei tassi da parte della Fed) a quelli dell'Eurozona. Per la prima volta, per dire, la Germania ha visto scendere in negativo tutta la sua curva dei rendimenti. Anche le aziende sono corse a emettere bond per sfruttare il momento dei saldi.

 

Ora che siamo giunti a poche ore dal conoscere le misure che Mario Draghi metterà in campo, sui mercati fin qui euforici sembra farsi strada qualche dubbio: non è che alla fine ci sarà un po' di delusione? E' la domanda che risuona nelle sale operative. Vediamo per quale ragione. Alla luce di quel che ha anticipato la Bce e delle aspettative che si sono costruite sui mercati, le direttrici di intervento dovrebbero essere cinque.

 

In primo luogo, i tassi. Quello di rifinanziamento principale è a zero e quello sui depositi - la liquidità che le banche commerciali lasciano sul c/c di Francoforte - a -0,4%. Proprio su questo secondo parametro dovrebbe ancora intervenire l'Eurotower. Da BofA si aspettano ad esempio un taglio di 0,2 punti percentuali. Più graduale la strada indicata da Barclays: 10 punti base subito, altri 10 a dicembre per arrivare addirittura a -0,7% nel secondo trimestre del 2020. Questa seconda previsione è più in linea con la media degli analisti censita da Bloomberg e - sintetizzano gli econisti di Abn Amro - qualora il taglio effettivo dovesse esser di 20 punti base, sarebbe letto come una misura "forte" della Bce. L'opzione più soft è, di contro, già ampiamente prezzata dal mercato.

 

Insieme alla mossa sui tassi, dovrebbe arrivare una misura per mitigare l'effetto sui bilanci delle banche (il cosiddetto tiering). Molti ceo hanno lanciato le loro rimostranze in pubblico per la situazione dei tassi negativi che deprime la loro redditività, anche e soprattutto in Germania. Anche l'Abi, l'associazione delle banche italiane, ha scritto una lettera a Draghi e al governatore Visco chiedendo di mitigare gli effetti negativi. Gli esperti ricordano che il fatto di trovarsi di fronte a un sistema bancario frammentato rende difficile il lancio di un paracadute efficace per tutti gli istituti. In linea di massima, la soluzione dovrebbe esser di calcolare dei livelli di liquidità per ciascuna banca sotto i quali sterilizzare i tassi negativi, 'punendò solo la liquidità tenuta ferma in eccesso.

 

Anche la formulazione delle aspetattive sulla futura traiettoria dei tassi sarà oggetto di revisione. Si tratta della cosiddetta forward guidance e - ad esempio - nell'ultima riunione di luglio è stata così formulata: "Il Consiglio direttivo si attende che i tassi di interesse di riferimento della BCE si mantengano su livelli pari o inferiori a quelli attuali almeno fino a tutta la prima metà del 2020 e in ogni caso finché sarà necessario per assicurare che l'inflazione continui stabilmente a convergere verso il valore perseguito nel medio termine" (vicino al 2%, ndr). Con l'abbassamento dei tassi e l'avvio di un nuovo Qe (ci torneremo dopo), da Abn Amro si aspettano che si confermino livelli "pari o inferiori" ben oltre la fine degli acquisti di titoli attraverso il Qe. Probabile si lasci stare un chiaro riferimento temporale, ma la sostenza dovrebbe esser di garantire tassi bassi almeno fino al 2021.

 

Questo punto si lega strettamente al Quantitative easing, il piano d'acquisti straordinario che potrebbe esser rilanciato. Su questo le previsioni variano maggiormente e, negli ultimi giorni, è stata messa in discussione la certezza circa il suo lancio. Non sono infatti mancati i dubbi da parte dei governatori più "falchi" e anche da parte di osservatori terzi. Non ultimo, il vicepresidente Bce Luis de Guindos ha sottolineato come le attese del mercato siano forse state esagerate e come sia ormai ora che gli Stati facciano la loro parte con le riforme strutturali e le politiche fiscali, anziché continuare a fare affidamento solo sulla Bce. Da Unicredit aiutano a fare il conto dell'ottimismo che si è stratificato nei due mesi estivi (luglio-agosto). Basta prendere il caso del Bund decennale, "per vedere le cose nella giusta prospettiva". Il suo rendimento è arrivato a un picco di -0,19% il 12 luglio, per poi precipitare a -0,74% il 3 di settembre. Da allora, è tornato a -0,55% e ciò significa che negli ultimissimi giorni ha eroso un terzo della sua riduzione del rendimento. Come a dire che forse ci si è resi conto della corsa eccessiva.

 

Ecco cosa si prevede allora. Le aspettative in Barclays sono per un programma contenuto, a partire da gennaio 2020, nell'ordine di 20-30 miliardi al mese. Anche BofA parla di un "small" Qe e indica 30 miliardi per 9-12 mesi. In linea il conensus degli analisti, mentre spariglia Abn Amro: pronostica 70 miliardi, a cominciare già da ottobre e per un anno. Come ha detto giustamente Morgan Stanley, "il diavolo è nei dettagli dei pacchetto": si guarderà ad esempio ai meccanismi che disciplinano gli acquisti, si parla persino di un superamento del limite del 33% delle emissioni per ciascun Paese, che non piace alla Germania.

 

Infine, potrebbe arrivare una limatura alle aste di liquidità agevolata per le banche (le Tltro): la prima è in agenda il 19 settembre e potrebbe esser un poco più generosa per gli istituti nelle sue condizioni.

 

(La Repubblica)