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“I driver Uber sono dipendenti e non lavoratori autonomi”: in California potrebbe diventare legge

Con l’appoggio del governatore Newsom e del Senato è stato approvato l'«Assembly Bill 5» a favore dei guidatori

 

BRUNO RUFFILLI 11 Settembre 2019

 

INVIATO A CUPERTINO. Prima l’appoggio del governatore Gavin Newsom, poi quello del Senato della California. Così, con 29 voti contro 11, è stato approvato ieri sera l'Assembly Bill 5, il disegno di legge per i lavoratori che si oppongono a Uber, Lyft, DoorDash chiedendo di essere considerati dipendenti e non prestatori d’opera occasionali. L'Assemblea statale ora voterà gli emendamenti e, se il disegno di legge diventerà esecutivo, dal primo gennaio 2020 molte cose potrebbero cambiare per la gig economy, che proprio nella Silicon Valley era nata e da San Francisco ha conquistato il mondo.

 

Mentre in Italia il Governo lavora per garantire più diritti ai rider, in California il dibattito sull'Assembly Bill 5 prosegue da oltre un anno, quando nella causa Dynamex. contro la Corte Superiore di Los Angeles, la Corte Suprema statale ha stabilito tre requisiti per dimostrare che i lavoratori sono davvero prestatori d’opera indipendenti. Primo, devono essere liberi dal controllo del datore di lavoro; secondo, devono operare al di fuori dell'ambito regolare dell'azienda; terzo, devono essere regolarmente impegnati in un «commercio, occupazione o attività di natura identica a quella del lavoro svolto». Se almeno una di queste condizioni non è soddisfatta, il lavoratore deve essere considerato dipendente dell’azienda per cui presta la sua opera.

 

Aziende come Uber e Lyft, aveva detto il presidente della Corte Suprema Rafael Mandelman, «hanno raggiunto un successo recente e rapido, in gran parte basato su un modello di business che smantella più di mezzo secolo di progressi nella protezione dei lavoratori». Così la gig economy, anziché essere il futuro del lavoro, «per molti versi è un ritorno al nostro passato».

 

In questa situazione si trovano centinaia di migliaia di persone nella sola California, che diventano milioni se si considerano tutti gli Stati Uniti. Proposte analoghe all’AB-5 avanzate nello Stato di Washington e nell'Oregon potrebbero riprendere il percorso verso una concreta applicazione, mentre diverse associazioni di lavoratori stanno spingendo perché si discuta una legislazione simile anche a New York, dove l'anno scorso è stato introdotto un salario minimo per i driver, che però non vengono classificati come dipendenti.

 

Il disegno di legge potrebbe quindi ridisegnare lo scenario della gig economy, con aziende costrette a farsi carico di costi come salario minimo, retribuzione dei lavoratori, assicurazione, ferie e altri benefici. E non solo ad autisti di Uber e Lyft, ma pure corrieri per la consegna del cibo, bidelli, lavoratori nei saloni di unghie, lavoratori edili e proprietari di franchising: tutti potrebbero ora essere tutti riclassificati come dipendenti.

 

Uber e Lyft, due degli obiettivi principali di questa legislazione, sono fermamente contrari. "Oggi, la leadership politica del nostro stato ha perso un'importante occasione per sostenere la stragrande maggioranza dei conducenti, i quali vogliono una soluzione ponderata che bilanci la flessibilità con uno standard di guadagno e benefici", ha dichiarato un portavoce di Lyft a Techcrunch. «Sosteniamo gli sforzi per modernizzare le leggi sul lavoro in modo da preservare la flessibilità che gli autisti ci dicono di apprezzare, migliorando al contempo la qualità e la sicurezza del lavoro indipendente», precisa invece Uber su Wired. Entrambi avvertono che l’entrata in vigore della legge potrebbe mettere a rischio i loro affari: si calcola che i costi medi per l’azienda potrebbero crescere tra il 20 e il 30 per cento.

 

(La Stampa)