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Rifiuti, Confcommercio: “Tari +76% in dieci anni”

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Nel 2018 la tassa è arrivata a un totale di 9,5 miliardi. Pesa l’inefficienza dei comuni italiani

 

Alice Castello 11 Settembre 2019

 

Un aumento costante che non accenna a fermarsi. La Tari, la tassa sui rifiuti di competenza dei Comuni, nel 2018 è arrivata a un totale di 9,5 miliardi con un incremento, dal 2010 ad oggi, del 76% per cittadini e imprese. Il dato allarmante emerge dal secondo monitoraggio dell’Osservatorio Tasse Locali di Confcommercio, che si occupa di raccogliere dati e informazioni in tutta Italia sulla Tari pagata dalle imprese del terziario. La principale causa di questo aumento vertiginoso va ricercata nel cosiddetto scostamento dai fabbisogni standard, ovvero la differenza tra i costi e la qualità dei servizi. Confcommercio rileva gli scostamenti maggiori in Piemonte, Basilicata e Calabria mentre le regioni più virtuose sono Toscana e Abruzzo. L’aumento, spiegano i rappresentanti dei commercianti, riguarda anche la Tari pro-capite: la più elevata è nel lazio (261 euro) mentre la più bassa nel Molise (130 euro).

 

L’osservatorio di Confcommercio rileva come a fronte di costi sempre più alti, calino livello e quantità di raccolta rifiuti da parte delle amministrazioni locali: solo cinque regioni su venti (Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte e Veneto) si collocano sopra il livello di sufficienza. A quasi tutte le categorie di commercianti, inoltre, vengono applicate tariffe sempre maggiori: tra le attività che pagano di più ci sono ortofrutta, fiorai, pescherie mentre i maggiori aumenti si rilevano nei ristoranti, discoteche, negozi di abbigliamento e librerie.

 

«Pretendere un servizio adeguato non è solo un'azione a tutela delle imprese ma anche e soprattutto un'azione a tutela di tutti i cittadini e della loro salute – commenta Patrizia Di Dio, membro di Confcommercio con delega all’ambiente – una città libera dai rifiuti, decorosa e pulita non può che accrescere quel senso civico che invece si sta perdendo e che rischia di alimentare una pericolosissima deriva culturale». Per questo Di Dio propone di lasciare meno autonomia ai singoli comuni: «Bisogna avviare con urgenza azioni concrete affinché si limiti la libertà fino ad ora concessa ai comuni di poter determinare il costo dei piani finanziari includendo voci di costo improprie, come i costi del personale, vincolando gli enti locali al rispetto di norme di legge come quella che li obbliga a tenere conto dei fabbisogni».

 

I dati di Confcommercio hanno provocato le proteste dell’Unione Nazionale Consumatori (UNC) secondo cui la Tari è una tassa «regressiva» perché «ha effetti redistributivi a sfavore dei nuclei con redditi piu' bassi» e inefficiente: «Più il comune è incapace, più i consumatori devono pagare, dato che la Tari deve assicurare la coperture dei costi sia di investimento che di gestione del servizio» ha spiegato il Presidente di UNC Massimiliano Dona. Per questo, conclude, «va rivista».

 

(La Stampa)