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L’eredità di Draghi: misure espansive contro la recessione

Il nuovo bazooka da 20 miliardi partirà con la gestione Lagarde. E il presidente della Bce spinge le banche a fare più prestiti

 

ALESSANDRO BARBERA 13 Settembre 2019

 

DALL’INVIATO A FRANCOFORTE. Con un piede fuori dall’officina rovescia la cassetta degli attrezzi. Riapertura del piano di acquisto titoli, liquidità a basso costo alle banche, penalizzazioni più forti verso chi non la metterà a disposizione di famiglie e imprese. Manca un mese e mezzo all’addio di Mario Draghi dalla Banca centrale europea, ma da ieri il testimone è virtualmente nelle mani di Christine Lagarde. Il penultimo consiglio dei diciannove governatori della zona euro dell’italiano è stato fra i più difficili degli ultimi otto anni anche per questo. La crescita dell’area dell’euro è ferma, Italia e Germania sono a un passo dalla recessione, e per ragioni diverse le due grandi economie del vecchio Continente non sono in grado di dare una risposta. La prima è uscita ora da una crisi di governo, la seconda è paralizzata dall’ortodossia del deficit zero. Nella conferenza stampa del pomeriggio il governatore lo dice più volte in modo diverso, la sostanza è sempre la stessa: se la Germania non spende di più, l’Europa pagherà un prezzo carissimo.

 

Per la prima volta il numero uno della Bundesbank Jens Weidmann aveva trovato solidi alleati per dire no alla riapertura del piano di acquisto di titoli: per lui equivale a finanziamento monetario dell’economia. Con lui ci sono Olanda, Austria, perfino i due membri francesi del Consiglio, Francois de Galhau e Benoit Coeuré. L’argomento che li accomuna è lo stesso: il timore di un intervento che alimenti incertezza invece di iniettare fiducia. Il caso vuole che la consueta rotazione sul diritto di voto (a ogni riunione sono tenuti ad astenersi quattro governatori nazionali) escluda - oltre a Grecia e Irlanda - Francia ed Estonia, fra i falchi del consiglio. «Non c’è stato nemmeno bisogno di contare i voti», gongola Draghi. La pressione questa volta è arrivata anche da fuori il palazzo. Le banche avevano protestato contro l’aumento del costo per i depositi di liquidità presso la Bce, una misura in vigore da ormai 5 anni e che è costata al settore – dicono le stime – 23 miliardi di euro di ricavi.

 

Quello uscito dalla riunione è un compromesso che anche stavolta permette a Draghi di cantare vittoria. Il tasso negativo sui depositi sale di un decimale allo 0,5 per cento, ma è compensato da un meccanismo che penalizza solo le banche che mantengono più liquidità del dovuto: sei volte la riserva obbligatoria. Il piano di acquisti riparte per una cifra inferiore alle previsioni dei mercati - venti miliardi al mese invece di trenta - ma partirà il primo giorno di Lagarde (il primo novembre) ed è più ampio del precedente: Francoforte potrà acquistare anche obbligazioni di aziende con tassi ultranegativi.

 

Le resistenze di chi avrebbe voluto rimandare la decisione sono cadute di fronte ai numeri. Peggiorano le previsioni di crescita e inflazione (quest’anno rispettivamente a +1,1 e 1,2 per cento), salgono le probabilità di recessione. «In Europa non sono ancora alte, ma aumentano», ammette il governatore. «Su una cosa c’è stata unanimità», dice prima di una studiatissima pausa che fa ridere i giornalisti. «Ovvero la necessità di spingere i governi ad avere adeguate politiche fiscali». Un messaggio – l’ennesimo - a Berlino, che non spende quanto dovrebbe e non sostiene nemmeno le politiche monetarie espansive. Per qualche ora l’indebolimento della moneta unica sul dollaro conferma implicitamente l’accusa che anche questa volta Trump gli rivolge via tweet: «Manipola il cambio per favorire le merci europee». A fine giornata il cambio è già risalito a 1,11 dollari per un euro, in compenso i rendimenti dei titoli pubblici italiani e greci scendono ai minimi dell’ultimo anno. Lo spread Btp-Bund segna 138 punti, il livello più basso da maggio 2018, poco prima dell’arrivo del governo gialloverde. Fra poco più di un mese alla soglia dei 72 anni Draghi potrà dedicarsi all’attività che in privato dice sempre di trascurare: il golf. Le regole di Francoforte gli imporranno comunque di non accettare alcun incarico nel settore privato per un anno. Tutti si chiedono se riuscirà a sentirsi appagato dalla noiosa perfezione dei green dopo otto anni così.

 

Twitter @alexbarbera

 

(La Stampa)