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Sugli affitti brevi stravince il forfait

Un confronto dei due trattamenti tributari nel caso di redditi prodotti da locazione

In caso di affitti brevi, al gioco della convenienza fiscale, l’applicazione del regime forfettario stravince sulla cedolare secca: già dal primo anno di sua applicazione è più conveniente già dai 17.000 euro di introiti.

 

di Giuliano Mandolesi

 

In caso di affitti brevi, al gioco della convenienza fiscale, l'applicazione del regime forfettario stravince sulla cedolare secca. Il confronto tra le due tasse piatte in caso di redditi prodotti dalla locazione di immobili in modalità «affitti brevi» lascia poco spazio alle interpretazioni ed il regime forfettario, benché comporti il versamento di contributi previdenziali fissi, già dal primo anno di applicazione è più conveniente della cedolare secca già dai 17.000 euro di introiti. La convenienza inoltre sale a partire dal secondo anno grazie alla possibilità di dedurre i contributi fissi Inps rendendo meno oneroso il forfettario rispetto alla cedolare dai 15.000 euro in su.

 

A far protendere per il regime forfettario non è tanto l'aliquota più bassa (15% del forfait rispetto al 21% della cedolare) ma la modalità di determinazione degli imponibili.

 

Il regime forfettario infatti oltre ad una aliquota ridotta del 15% (che scende al 5% in caso di nuove attività) consente ai fruitori di determinare forfettariamente l'imponibile attraverso coefficienti di redditività che varia a seconda dell'attività svolta e che di fatto abbattono enormemente il reddito imponibile stesso.

 

Nel caso di affitti brevi, sia per le attività di affittacamere sia per le case vacanze, il coefficiente di redditività stabilito è del 40% mentre l'aliquota della cedolare secca si applica sul 100% del reddito prodotto senza poter dedurre alcuna spesa.

 

Per rendere chiaro quanto sopra esposto basta considerare un reddito di circa 30.000 euro prodotto appunto grazie ai cosiddetti affitti brevi; in questo caso mentre la cedolare secca si applica su tutti e 30 mila gli euro producendo un'imposta di 6.300 euro, con il forfettario l'aliquota del 15% di applica solo sul 40% dei 30.000 ovvero solo su 12.000 euro generando un'imposta di soli 1.800 euro.

 

I vantaggi del forfettario non si limitano solo alla parte fiscale ma anche su quella previdenziale.

 

Con l'applicazione del forfait è infatti anche previsto uno sconto del 35% sui contributi da versare alla gestione Inps commercianti rendendo la parte fissa (quella che si versa indipendentemente dal reddito prodotto) meno onerosa rispetto a quanto ordinariamente dovuto ( 2.472 ridotti rispetto ai circa 3.700 ordinari).

 

Calate le carte il risultato è conseguenziale con il forfettario che prevale sulla cedolare già a partire dai 17.000 euro di introiti circa con un risparmio che passa dai 78 euro, fino ai quasi 6.000 euro quando i redditi raggiungono la soglia massima dei 65.000 euro.

 

Il calcolo delle imposte e dei contributi per il regime forfettario, così come strutturato nel grafico non considera (come detto) la deduzioni dei contributi versati che abbatterebbero ulteriormente il reddito imponibile e soprattutto non tiene conto della possibilità, concessa ai forfettari che intraprendono una nuova attività di applicare per il primo quinquennio l'aliquota ultraridotta del 5% trasformando il regime in contributivo puro e rendendo la componente fiscale di fatto completamente marginale.

 

Per accedere all'aliquota ridottissima del 5% il contribuente deve però rispettare 3 parametri ovvero:

 

  • non deve aver esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività di cui al comma 54 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;

  • l'attività da esercitare non deve costituire, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;

     

  • qualora venga proseguita un'attività svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti di cui al comma 54 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (65 mila euro).

 

14/09/2019

(Italia Oggi)