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Attacchi sull'Arabia saudita, produzione di petrolio dimezzata: volano i prezzi

Il greggio di Brent registra il maggior rialzo da quando esiste il contratto, poi modera la variazione. Timori per il contraccolpo al distributore: "Con il petrolio a 100 dollari, benzina su a 1,80". Coldiretti: "Valanga sull'85% della spesa"

16 Settembre 2019

 

MILANO - Il barile di petrolio segna il maggior rincaro giornaliero dopo che un attacco portato via droni ha compromesso un importante sito di Aramco, in Arabia Saudita, facendo sparire dallo scacchiere globale dell'oro nero in pochi istanti il 5% delle forniture mondiali. Il presidente americano Donald Trump ha addossato la responsabilità dell'attacco, rivendicato dai ribelli houthi dello Yemen, all'Iran.

 

A Londra il future sul barile di Brent ha guadagnato circa 12 dollari nei secondi successivi all'apertura - traccia Bloomberg - ovvero il massimo registrato in dollari dal lancio del contratto nel 1988. Si è trattato di un balzo del 20%, che è poi parzialmente rientrato (+12% alla chiusura delle Borse europee) restando comunque il maggior movimento da tre anni a questa parte. Anche il barile di Wti, la qualità di riferimento degli Stati Uniti, alla chiusura dei mercati europei sale dell'11 per cento superando la soglia di 61 dollari al barile.

 

La gravità dello choc emerge chiara se si pensa che fino ai giorni scorsi l'Arabia saudita pompava circa 9,8 milioni di barili al giorno, il 10 per cento circa della produzione globale. Gli analisti spiegano come i movimenti sui mercati siano dovuti al fatto che una simile interruzione nella produzione è da primato e altrettanto inedita è stata la reazione degli investitori. Il colosso saudita Aramco, la maggior compagnia petrolifera al mondo per altro in dirittura d'arrivo con la sua maxi quotazione in Borsa, ha dovuto ammettere l'interruzione nella produzione da 5,7 milioni di barili al giorno. Un fenomeno che balza in cima alla classifica degli choc petroliferi, superando quel che accadde nel 1990 quando l'avvio della guerra da parte di Saddam Hussein mise fuori gioco i campi petroliferi in Iraq e Kuwait.

 

La classifica delle interruzioni nel flusso di greggio

 

Adesso l'attesa è per capire quanto tempo ci vorrà per riportare le cose a posto. Secondo le fonti di Bloomberg, flussi rilevanti potrebbero riprendere nel giro di pochi giorni, ma potrebbero servire settimane per tornare alla piena capacità estrattiva. Riad ha fatto filtrare di esser in grado di riaprire un terzo dei rubinetti già a inizio settimana, mentre fonti del Wsj dicono che si dovrà probabilmente rinviare la quotazione di Aramco che sarebbe dovuta partire nelle prossime settimane.

 


La classifica delle interruzioni nel flusso di greggio

 

Edward Morse, capo degli economisti di Citi che si dedica appunto alle commodity, ha centrato la questione in un report della notte: "Non importa se all'Arabia saudita serviranno cinque giorni o molto più per riportare la produzione ai livelli antecedenti l'attacco, ma l'unica lezione dell'attacco di questo fine settimana all'infrastruttura saudita è che la stessa infrastruttura è estremamente vulnerabile agli attacchi. Il mercato ha a lungo prezzato male il petrolio, noi crediamo che debba esser 10 dollari sopra i livelli ai quali ha stazionato per mesi". Se a questo si aggiunge l'immediata uscita di Trump contro l'Iran e l'inasprimento delle tensioni nell'area, si vede chiaramente come il problema diventa geopolitico e la sua ampiezza supera di gran lunga la tematica dell'intervento riparatore. Non a caso, si è fatta sentire la Cina invitando alla moderazione: Pechino dipende dall'import di greggio e paga caro un rincaro generalizzato. Anche Unicredit scrive che, in caso di assenza di una escalation nelle tensioni geopolitiche, lo choc sulle forniture dovrebbe esser solo "temporaneo" in un mercato che piuttosto soffre di un problema di abbondanza di offerta.

 

In attesa degli sviluppi, Riad e gli Stati Uniti metteranno mano alle scorte per cercare di mantenere i flussi costanti. Aramco cercherà di soddisfare i suoi impegni grazie alla sua rete internazionale di scorte. Oltre che milioni di barili custoditi nel Regno stesso, può contare su tre punti d'appoggio strategici: Rotterdam, Okinawa in Giappone e Sidi Kerir sulla costa egiziana sul Mediterraneo.

 

Ci si interroga ora anche sui riflessi che si potranno avere sui consumi. Nel fine settimana, a caldo il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, ricordava tuttavia che "anche in passato, di fronte a episodi simili, le conseguenze erano state limitate". Il professore stimava che, con un prezzo del petrolio sopra i 100 dollari la benzina passerebbe da 1,55 euro al litro a 1,80". La Coldiretti ha esteso invece il problema agli altri comparti di spesa, "in un Paese come l'Italia dove l'85% dei trasporti commerciali avviene per strada". Parla quindi di "un effetto valanga sulla spesa con un aumento dei costi di trasporto oltre che di quelli di produzione, trasformazione e conservazione. A subire gli effetti dei prezzi dei carburanti - continua la Coldiretti - è l'intero sistema agroalimentare dove i costi della logistica arrivano ad incidere dal 30% fino al 35% sul totale dei costi per frutta e verdura".

 

(La Repubblica)