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Choc petrolio sui mercati, la Cina rallenta ancora: Borse deboli. Milano perde lo 0,96%

Produzione industriale di Pechino ai minimi dal 2002, il premier Li Keqiang vede "molto difficile" una crescita al 6% o più. Salgono le valute dei Paesi petroliferi, dal rublo alla corona norvegese. Torna l'appetito per l'oro

 

di RAFFAELE RICCIARDI

16 Settembre 2019

 

MILANO - Lo choc petrolifero dovuto agli attacchi sull'Arabia saudita, che si ritrova con la produzione di greggio dimezzata, si ripercuote sui mercati finanziari. Mentre volano i prezzi del barile, è la risalita dei beni rifugio e delle valute dei Paesi forti - sullo scacchiere dell'oro nero - a indicare la corsa ai porti sicuri da parte degli investitori. Il prezzo dell'oro spot avanza dell'1% circa alla chiusura dei mercati europei, portandosi a 1.504 dollari l'oncia, recuperando terreno dopo una settimana in flessione per l'aspettativa di un miglioramento del negoziato commerciale tra Usa e Cina.

 

Proprio da Pechino sono arrivati, intanto, segnali di ulteriore debolezza economica. La produzione industriale ha frenato ad agosto, crescendo "solo" del 4,4% annuo, a fronte del 4,8% di luglio e del rimbalzo al 5,2% atteso invece in media dagli analisti. Il dato, diffuso oggi dall'Ufficio nazionale di statistica, certifica il passo più lento da febbraio 2002, rilanciando i dubbi sulla tenuta della seconda economia del pianeta. Già nelle scorse settimane erano emersi dati negativi sull'export, peggiori alle attese degli analisti: segnali di cedimento dopo le bordate con Washington sulle tariffe. Sulla statistica odierna, oltre agli effetti della guerra commerciale con gli Usa pesano il rallentamento della domanda interna e il più incerto andamento dell'economia globale. In frenata il comparto manifatturero (4,3% da 4,5% di luglio), mentre, quanto ai diversi settori, il tessile cresce dello 0,1% (da 1,2%), il chimico dell'1,2% (dal 3,8%) e il comparto dei trasporti del 7,8% (dal 15,7%). Nei primi otto mesi dell'anno, invece, la produzione industriale è cresciuta del 5,6%. Anche le vendite al dettaglio hanno rallentato, segnando il +7,5% annuo ad agosto, al passo più lento da aprile, dopo il 7,6% di luglio e contro il 7,9% atteso dagli analisti. Il premier cinese Li Keqiang vede "molto difficile" per Pechino una crescita al 6% o di più nel 2019 in considerazione sia dell'alta base di partenza sia degli scenari internazionali complicati, pur restando un passo "di prima linea tra le principali economie mondiali".

 

A seguito di questi dati e per l'effetto-petrolio, le Borse asiatiche hanno scambiato in calo: con Tokyo chiusa per festività, Hong Kong ha perso l'1,12% e Shanghai lo 0,02%. Giù di mezzo punto percentuale Singapore. Segno "meno" anche sui listini europei, che recuperano solo in parte le perdite nel pomeriggio: alla fine Milano cala dello 0,96%, Francoforte perde lo 0,5% e Parigi lo 0,65%. Londra scivola dello 0,3%. Anche Wall Street è debole: quando terminano gli scambi europei, il Dow Jones perde lo 0,4% e il Nasdaq lo 0,2%.

 

A Piazza Affari salgono i titoli delle compagnie petrolifere mentre va ancora in sofferenzaAtlantia con il capo politico del M5S, Luigi Di Maio, che è tornato a parlare di revoca della concessione dopo gli sviluppi dell'inchiesta sui report falsificati relativi ad alcuni viadotti. In corso il cda di Edizione, la holding della famiglia Benetton, dai quali potrebbero emergere novità anche sul futuro del ceo di Atlantia, Giovanni Castellucci: un cda straordinario di Atlantia, proprio su questo nodo, è previsto per domani.

 

Anche sul fonte valutario si vedono solo in parte i riflessi dei fatti sauditi: l'euro chiude in calo, il dollaro perde terreno e salgono le valute dei Paesi produttori di petrolio. La moneta europea passa di mano a 1,0996 dollari e 118,70 yen. In discesa il dollaro/yen a 107,95. In Cina lo yuan offshore si è indebolito a 7,0648 sul dollaro, dopo i deludenti dati sulla produzione industriale. La corona norvegese avanza dello 0,5%. Anche il rublo sale dello 0,85%. Stabile il rial saudita.

 

Lo spread tra Btp decennali e omologhi Bund tedeschi continua il percorso di discesa: il differenziale si attesta a 132 punti a fine giornata, ai minimi da metà maggio 2018. Il titolo italiano rende lo 0,84%. Dietro la discesa dello spread c'è la crisi politica, scoppiata e risolta in poco tempo con la nascita di un nuovo governo in Italia, e le novità introdotte dalla Bce a supporto del settore bancario a fronte di un nuovo taglio dei tassi. Si attendono questa settimana le mosse della Fed.

 

Dal fronte macroeconomico si segnala l'inflazione debole rilevata da Istat per agosto. La percentuale di posti di lavoro vacanti è stabile al 2,3% nella zona euro nel secondo trimestre del 2019. Lo rileva Eurostat secondo cui su base annua il tasso è leggermente cresciuto rispetto al 2,1% del secondo trimestre del 2018. L'indice Empire state, che misura l'andamento dell'attività manifatturiera nell'area di New York, a settembre ha perso slancio: è calato a 2 punti dai 4,8 di agosto e i 4,3 di luglio. Gli analisti si aspettavano 3 punti.

 

(La Repubblica)