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Quanto proteggiamo la proprietà intellettuale? Italia lontana dai migliori, solo 46esima al mondo

L'International Property Index Right ogni anno misura a livello mondiale quanto viene tutelata la proprietà dai singoli Paesi. Ai vertici della classifica si piazzano Finlandia, Svizzera, Nuova Zelanda, Singapore e Australia

 

di BARBARA ARDU'

17 Ottobre 2019

 

ROMA - Ci copiano e con la "Via della Seta" ci copieranno sempre di più. O meglio la probabilità che i falsi made in Italy, così come la pirateria di prodotti frutto del lavoro intellettuale, sia destinata a crescere, rischia di aumentare. Come dire che in fatto di protezione della proprietà l'Italia è ancora debole, lontana dai Paesi del G7 e più a rischio nei confronti della Cina, uno dei Paesi dove a copiare sono bravissimi. Lo dice l'International Property Index Right, indice che ogni anno misura a livello mondiale, quanto viene tutelata la proprietà dai singoli Paesi. Sia a livello fisico (beni e merci), che intellettuale. A stilarlo è la Property Right Alliance, think tank indipendente, che ha preso in considerazione 129 Paesi che rappresentano il 98% del Pil mondiale e il 93% della popolazione.

 

Ebbene l'italia, si colloca al 46esimo posto, ben distante dagli altri Paesi del G7, dopo il Bahrein e la Giordania. A spingerci così in basso sono alcuni fattori tra cui l'instabilità del sistema politico, le problematiche legate alla giustizia civile, l'alta percezione sulla corruzione. Tutto ciò che nell'indice è sotto la voce "sistema giuridico e politico". Siamo promossi, al contrario, ma con un 6 risicato, su voci quali "tutela dei diritti fisici" e "tutela dei diritti intellettuali". Siamo avanzati fino a toccare un punteggio di 8,6 su 10 però per quanto riguarda i brevetti.

 

Quanto proteggiamo la proprietà intellettuale? Italia lontana dai migliori, solo 46esima al mondo

 

 

Ai vertici della classifica si piazzano invece Finlandia, Svizzera, Nuova Zelanda, Singapore e Australia. E se quest'anno abbiamo migliorato un poco, guadagnando 0,132 punti, per un risultato finale di 6,126 su 10 (contro il 7,9 medio dei Paesi del G7), negli ultimi 5 anni eravamo leggermente scesi. Siamo tornati a galla insomma, riemersi, ma secondo uno studio condotto da Giacomo Baldini, direttore di Competere Ue, che è il referente italiano della Proprierty Right Alliance, la via della Seta e la sua apertura potrebbero penalizzare l'Italia e farci tornare all'insufficienza.

 

"Il made in Italy - spiega Giacomo Baldini - è infatti penalizzato dalla concorrenza sleale dei prodotti contraffatti, che provengono per la maggior parte dalla Cina e da Hong Kong". E l'apertura della Via della Seta potrebbe acuire il fenomeno. Ecco perché gli altri Paesi europei sono stati più cauti e per ora non hanno fatto come l'Italia che con il precedente governo ha firmato, unico, un preaccordo con la Cina. La conferma arriva dai dati su cause e arbitrati, il 67% sono proprio con la Cina. Il rischio è che l'Italia si trasformi in un punto di transito verso l'Europa per nuove merce contraffatta a danno delle imprese europee e nazionali". E non è solo un fatto di concorrenza sleale. Scorrendo i dati si comprende come i Paesi che proteggono meglio la proprietà con marchi, brevetti, copyright sono anche i più innovativi. "Perché i diritti di proprietà - spiega Pietro Paganini, presidente di Competere Ue - sono un indicatore chiave del successo economico e della stabilità politica". Una lotta quella contro pirateria e falsi ancora aperta.

 

(La Repubblica)