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Limiti al contante ed incentivi ai pagamenti elettronici: effetti diversi sulla lotta all'evasione, anche secondo Bankitalia

L'audizione di Signorini alla Manovra tocca alcuni punti centrali del dibattito su cash, carte di credito e sommerso dell'economia

di ALBERTO FRANCO*

18 Novembre 2019

La testimonianza del Vice Direttore Generale della Banca d'Italia, Luigi Federico Signorini, tenutasi nel corso dell'audizione preliminare all'esame della manovra economica per il triennio 2020-2022, è particolarmente interessante e fornisce utili spunti di riflessione sui temi dell'utilizzo del contante e dei pagamenti elettronici.

Al riguardo, alcuni media hanno riportato che Banca d'Italia appoggerebbe la "lotta al contante" e che sarebbe favorevole ai limiti al contante per combattere l'evasione. Tuttavia, la lettura della testimonianza di Signorini sembra delineare un quadro un po' diverso. Infatti, la relazione del Vice Direttore Generale si limita a menzionare il fatto che il limite massimo per i trasferimenti di contante scenderà da 3.000 a 2.000 euro a metà 2020, e che all'inizio del 2022 scenderà ulteriormente a 1.000 euro, ma non fornisce una valutazione espressa su questa misura.

Del resto, ad oggi non c'è nessun dato che dimostri chiaramente l'efficacia dei limiti al pagamento in contanti nel contrastare l'evasione fiscale, tant'è vero che in diversi Stati, come ad esempio l'Austria, vi è un alto utilizzo di contante ma il VAT gap (ovverosia, in sostanza, l'evasione IVA) è basso.

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Al contrario, una correlazione negativa tra pagamenti elettronici ed economia sommersa è stata effettivamente riscontrata in alcuni studi, ed anzi alcune recenti ricerche (Immordino-Russo, Cashless payments and tax evasion, in European Journal of Political Economy, 2018) hanno anche evidenziato come ci sia una correlazione positiva tra numero (e valore) dei prelievi al bancomat ed evasione IVA, ma ad oggi l'efficacia dei limiti ai pagamenti in contanti nel combattere l'evasione risulta essere tutta da dimostrare.

Se, pertanto, a prima vista i temi del limite all'utilizzo del contante e dell'incentivo ai pagamenti elettronici possono sembrare due facce della stessa medaglia, in realtà essi vanno tenuti nettamente distinti.

La testimonianza di Signorini conferma infatti quanto evidenziato in precedenti articoli circa l'efficacia degli incentivi ai pagamenti elettronici nel ridurre l'economia sommersa: gli incentivi ai pagamenti elettronici possono avere una loro utilità nel contrasto all'evasione fiscale. Il Vice Direttore Generale osserva, in relazione all'incentivo previsto nel disegno di legge di bilancio, che è "plausibile che nel medio periodo esso possa contribuire a ridurre la propensione a evadere", che "alcuni recenti studi empirici mettono in luce l'esistenza di una relazione negativa tra l'evasione e la quota delle transazioni effettuate con moneta elettronica", e che ci si può attendere che i provvedimenti di incentivo previsti dal Governo conducano ad un aumento delle transazioni elettroniche nell'ordine del 10 per cento.

Occorre osservare che l'impegno del governo per tali misure è significativo: per sostenere gli oneri derivanti da questi incentivi sono stati stanziati 3 miliardi di euro sia nel 2021, sia nel 2022. Per dare un'idea dell'entità di questi stanziamenti, il gettito dell'intera imposta di registro per il 2018 è stato pari a circa 5 miliardi di euro. Si tratta quindi di importi rilevanti, che fanno supporre che il Governo si attenda un buon riscontro - tant'è vero che il predetto importo di 3 miliardi sarà integrato con le eventuali maggiori entrate derivanti dall'emersione di base imponibile conseguente all'applicazione dell'incentivo.

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E' tuttavia difficile poter ipotizzare ad oggi l'efficacia di tale provvedimento in termini di recupero di gettito fiscale. Il meccanismo alla base di tale incentivo prevede un rimborso in denaro se si acquistano abitualmente beni e servizi attraverso strumenti di pagamento elettronici, ma allo stato attuale non vi sono molte altre informazioni, dato che le modalità di funzionamento dovranno essere stabilite da un decreto ministeriale da adottarsi entro il 30 aprile 2020.

Al riguardo, il Vice Direttore Generale mette bene in luce un elemento molto importante: "Ancora una volta, l'incentivo funzionerà bene se si riuscirà ad attuarlo in modo semplice e chiaro, evitando qualsiasi appesantimento burocratico per le parti coinvolte".

La semplicità e la chiarezza di questi incentivi è infatti un aspetto cruciale per il loro successo: il contribuente deve poter prevedere con facilità l'ammontare dell'incentivo e i tempi di "recupero" dello stesso. Un meccanismo poco chiaro e complesso rischia, tra l'altro, di esporre il fianco a possibili accordi tra venditore e acquirente, che neutralizzerebbero di fatto l'efficacia di queste norme e ne vanificherebbero quindi la funzione anti-evasiva.

Se queste misure incentivanti saranno ben congegnate, ci potrà essere una sensibile riduzione nella propensione a evadere, e ciò in effetti è dimostrato anche da alcune esperienze internazionali (si veda ad esempio il caso della Corea del Sud, di cui si è già scritto in passato).

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A questo proposito, vale una considerazione più generale: un incentivo di questo tipo può essere un fattore, anche importante, che contribuisce a ridurre l'area del sommerso, ma non può essere l'unico strumento. L'evasione fiscale è un problema che in Italia persiste da molto tempo ed è originato da una serie molto complessa di cause, per cui non sono sufficienti singoli cambiamenti normativi, ma occorre accompagnare questi provvedimenti con misure di medio-lungo termine in grado di incidere efficacemente sul rapporto Stato-contribuente nonché sull'equità e sull'efficienza del sistema fiscale nel suo complesso.



* professore a contratto di diritto tributario presso l'Università di Torino e associato di CBA

esperto.banche-e-assicurazioni@repubblica.it Leggi l'informativa



(La Repubblica)