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Istat: l'11,1% delle madri non ha mai lavorato, nella Ue solo il 3,7%

Oltre un terzo delle donne con figli in Italia lamenta inoltre problemi di conciliazione. E poco meno di un terzo utilizza i servizi pubblici o privati: sono assenti o troppo cari in una parte importante del Paese, soprattutto nel Mezzogiorno. In nove casi su dieci l'aiuto familiare è fornito dai nonni

di ROSARIA AMATO

18 Novembre 2019

ROMA - La conciliazione tra lavoro e famiglia in Italia rimane ancora estremamente difficile: l'11,1 per cento delle madri con almeno un figlio non ha mai lavorato, un dato che supera di tre volte la media Ue (3,7%). Il tasso di occupazione delle madri tra 25 e 54 anni che si occupano di figli piccoli o parenti non autosufficienti è del 57% a fronte dell'89,3% dei padri. Ma anche doversi prendere cura dei familiari anziani è un impedimento al lavoro: il divario nei tassi di occupazione tra le donne che hanno questo tipo di responsabilità e le altre è pari a quasi 4 punti percentuali, anche se la laurea dimezza la differenza. Avere la laurea favorisce anche le lavoratrici madri: è occupato oltre l'80 per cento delle madri che hanno un titolo di studio universitario contro il 34 per cento di quelle con titolo di studio pari o inferiore alla licenza media. Lo attesta un Report Istat dal titolo "Conciliazione tra lavoro e famiglia/Anno 2018".

Sono dati che provocano dure reazioni da parte del mondo del lavoro al femminile, dalle imprenditrici alle sindacaliste. L'associazione donne imprenditrici Aidda li definisce "inaccettabili", ricordando che il Paese, secondo i dettami costituzionali (art.3 Cost., ndr), dovrebbe "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". "Se da un lato si sprecano parole per dire come siano all'avanguardia le non tante imprese che vedono tra i propri dipendenti e ai vertici le donne, poi nei fatti non si fa mai abbastanza per consentire anche alle madri di poter lavorare. E' una situazione ormai insostenibile per l'Italia - proseguono le rappresentanti dell'Aidda - che pone ostacoli alla crescita visto che una grossa percentuale di capitale umano dalle forti potenzialità viene dilapidato".

"Siamo la Cenerentola d'Europa, - rincara la dose Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl - sempre più distanti in termini di occupazione femminile. Noi facciamo tanto come sindacato con la contrattazione di genere ed in tanti accordi nazionali, aziendali e nei territori, stiamo ponendo le condizioni per una valorizzazione ed una specificità del lavoro femminile. Ma non basta. Creare una società aperta, inclusiva e giusta nei confronti delle donne è la condizione fondamentale non solo per dare risposte alle loro problematiche e aspettative ma per contribuire a raggiungere obiettivi di coesione sociale e crescita per il nostro paese. Bisognerebbe finalmente aprire un confronto su nuove misure fiscali e contributive, per far costare meno l'occupazione stabile, soprattutto delle donne e dei giovani, per favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia. E riconoscere a tutte le donne madri un anno in più di contribuiti per ogni figlio".

Anche quando si riesce a lavorare, e a prendersi cura dei figli e magari anche dei genitori, la conciliazione tra vita e lavoro è una grande fatica per oltre un terzo delle madri e dei padri italiani. Soprattutto quando i bambini sono piccoli, tra 0 e 5 anni, è il 46,7 per cento delle madri lavoratrici a dichiarare di incontrare ostacoli di ogni tipo. I problemi diminuiscono, ma non scompaiono (27,5%) per le madri che hanno un lavoro part-time. Neanche i padri sono esenti dalla corsa a ostacoli per conciliare vita e lavoro: le loro percentuali di difficoltà sono inferiori, ma non di molto, a quelle delle loro compagne, soprattutto quando si tratta di prendersi cura di familiari non autosufficienti.

Sono però le madri, molto più dei padri, a dover "rimodulare" il proprio orario di lavoro per prendersi cura dei figli. Lo dichiara oltre un milione di donne, il 38,3 per cento delle madri occupate, contro solo l'11,9 per cento dei padri. La quota è superiore alla media per le donne che svolgono una professione qualificata o impiegatizia. E i cambiamenti riguardano soprattutto l'orario di lavoro, la maggior parte lo riduce.

I servizi pubblici o privati, da asili nido o ludoteche e baby sitting, sono quasi un privilegio: se ne avvale solo il 31% dei nuclei familiari con figli coabitanti di 0-14 anni La percentuale è più alta al Nord (34,5%) e al Centro (33,3%), più bassa nel Mezzogiorno (24,9%). Altrimenti ci sono i nonni: all’aiuto per la cura fornito regolarmente da parenti o amici ricorre il 38% dei nuclei familiari con figli di 0-14enni, ma in nove casi su dieci si tratta proprio dei nonni (34,4%). L’utilizzo dei servizi da parte delle famiglie e il ricorso all’aiuto informale sono però legati alla condizione occupazionale della donna e all’età dei figli: al Sud ci sono meno occupate, e quindi sono le madri che si occupano di solito dei figli.

Circa il 6% delle famiglie con figli tra 0 e 14 anni usa il pre o il post scuola; di più al Nord, dove supera l’8%, rispetto al resto del territorio. Ricorre abitualmente alla baby-sitter poco meno del 3% dei nuclei familiari con figli tra 0 e 14 anni, nel caso delle coppie in cui entrambi i genitori sono occupati la quota si avvicina al 5%. I nuclei familiari dove non ci si avvale di servizi né dell’aiuto di familiari sono il 48%. E nel Mezzogiorno meno di tre lavoratrici su dieci utilizzano i servizi per i figli. Tra l'altro molte madri dichiarano che utilizzerebbero volentieri i servizi se costassero meno.



(La Repubblica)