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La Cina vuole sostituire pc e software stranieri: via dagli uffici pubblici. Borse piatte in attesa di sviluppi sui dazi

Mercati appesi alle trattative tra Pechino e Washington, intanto arriva un nuovo provvedimento per sostenere la produzione tech asiatica: graduale esclusione delle compagnie straniere. Milano peggiora nel pomeriggio

 

di RAFFAELE RICCIARDI

09 Dicembre 2019

 

MILANO - Conto alla rovescia sui mercati finanziari in vista della scadenza del 15 dicembre, quando scatteranno automaticamente nuovi aumenti tariffari dagli Stati Uniti verso la Cina. Gli investitori stanno alla finestra in attesa degli eventi, dopo che - nel fine settimana - sono emersi dati deboli sull'export dell'economia asiatica (-1,1% con un -23% verso gli Usa), segno che il clima internazionale degli scambi commerciali non è dei migliori.

 

Pechino si augura di di raggiungere un'intesa con gli Stati Uniti, che soddisfi entrambe le parti, il "prima possibile", ha fatto sapere il ministro del Commercio, Ren Hongbin, nel corso di un briefing con la stampa. Ma di mezzo, riporta il Financial Times, si mettono alcuni provvedimenti che aggiungono pepe sulla situazione bilaterale: dopo le scaramucce sui diritti umani, la Cina ha ordinato a tutte le istituzioni pubbliche e agli uffici governativi di eliminare computer e software stranieri per dare un impulso alle tecnologie sviluppate in casa. Un piano graduale, ma a ritmo serrato, che prevede il taglio del 30% delle presenze l'anno prossimo, del 50% nel 2021 e quindi del restante 20% l'anno dopo ancora.

 

R Non solo dazi, sulla Cina incombe l'ombra del maxi debito

dal nostro corrispondente FILIPPO SANTELLI

 

A subire i contraccolpi della decisione ci sarebbero in prima linea i grandi produttori statunitensi come Hp, Dell e Microsoft, dopo che l'amministrazione Usa guidata da Donald Trump ha preso di mira il gigante delle telecomunicazioni di Shenzhen, Huawei, con un bando di vendita di componenti e con una campagna per convincere gli alleati europei a non affidarsi al gruppo fondato da Ren Zhengfei per lo sviluppo delle reti 5G. La direttiva potrebbe essere un colpo al portafogli dei giganti Usa dell'informatica che, secondo stime degli analisti di Jefferies, producono ricavi per circa 150 miliardi di dollari all'anno in Cina, anche se gran parte di questi derivano dal settore privato.

 

Deboli gli scambi in Europa, seppur in lieve recupero: Londra tiene la parità,Francoforte scivola dello 0,35% e Parigi perde lo 0,4 per cento. Piazza Affari indossa la maglia nera nel pomeriggio: la Borsa di Milano arriva a perdere l'1,3%, poi risale leggermente a -1 per cento. Sul listino milanese si mette in evidenza Safilo che ha fatto un'acquisizione californiana. Rinvio invece al 21 gennaio per la decisione sulla holding olandse di Mediaset, che intanto resta congelata.

 

Wall Street riparte debole, dopo i guadagni dello scorso venerdì: quando gli scambi europei si avviano a conclusione, il Dow Jones scivola dello 0,1% mentre lo S&P500 è invariato e il Nasdaq guadagna lo 0,2 per cento.

 

La Borsa di Tokyo ha chiuso questa mattina la prima seduta della settimana in lieve rialzo, sostenuta dai dati incoraggianti dal mercato del lavoro Usa arrivati alla fine della scorsa settimana: il Nikkei ha segnato un progresso dello 0,23% a quota 23.430,70, con un guadagno di 76 punti. Poco mossa Shanghai, salita dello 0,08 per cento. "Non ci sono rischi di rialzi all'orizzonte", ha detto l'economista di Moody's, Katrina Ell, alla televisione di Bloomberg. Piuttosto, i rischi sui mercati sono "al ribasso" e il grande peso che potrebbe farli materializzare è proprio la guerra commerciale.

 

La settimana parte con pochi spunti dal punto di vista macroeconomico. La bilancia commerciale tedesca segna una crescita del surplus a ottobre a quota 20,6 miliardi di dollari; a seguire arriva l'indice Sentix sulla fiducia degli investitori nella zona euro per il mese di dicembre. In Giappone, il Pil del terzo trimestre è stato rivisto per un balzo dell'1,8% annuo. Per l'Ocse, il ritmo di crescita tracciato dal superindice si prospetta "stabile ma sotto il trend". Si tratta comunque di una settimana intensa, con la riunione della Fed e quella della Bce, la prima in cui il direttivo della Banca centrale europea sarà guidato da Christine Lagarde. C'è attesa anche per il voto in Gran Bretagna.

 

Chiusura in lieve rialzo per l'euro, sopra 1,10 dollari mentre avanza la sterlina: la moneta europea passa di mano a 1,1070 dollari e 120,15 yen. Dollaro/yen in calo a 108,54. La sterlina, dopo aver toccato i massimi da 7 mesi a 1,3180 dollari chiude in rialzo a 1,3158 dollari. Cala sotto la soglia di 160 punti base lo spread tra Btp e Bund tedesco, con il tasso del decennale italiano all'1,34% sul mercato secondario.

 

Tra le materie prime, le quotazioni del petrolio sono in lieve calo dopo i netti rialzi dei giorni scorsi in seguito all'accordo tra Opec e Russia per i tagli alla produzione.I contratti sul greggio Wti con scadenza a gennaio perdono 30 centesimi a 58,9 dollari al barile. Il Brent è a 64,2 in calo di 19 centesimi. Prezzi dell'oro sostanzialmente stabili questa mattina sui mercati asiatici. Il lingotto con consegna immediata passa di mano a 1.460 dollari l'oncia.

 

(La Repubblica)