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Il bilancio in rosso fa presumere il nero

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CASSAZIONE/ L'ordinanza della Corte accoglie il ricorso dell'Agenzia delle entrate

È l’inferenza del fisco che fa scattare l’accertamento induttivo di fronte al saldo negativo di cassa, che da solo fa presumere ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo, fino a prova contraria del contribuente

 

di Dario Ferrara

 

Dove c'è rosso, c'è nero. È l'inferenza del fisco che fa scattare l'accertamento induttivo di fronte al saldo negativo di cassa, che da solo fa presumere ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo, fino a prova contraria del contribuente. Lo stabilisce la Cassazione con l'ordinanza 32812/19, pubblicata il 13 dicembre dalla sesta sezione civile. Accolto il ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate: sbaglia la Ctr Sicilia quando stabilisce che i saldi negativi giornalieri del conto di cassa della concessionaria auto non sarebbero elementi tali da integrare la prova di ricavi non dichiarati. A evitare la cassa in rosso a fine giornata è il saldo positivo che scaturisce dai conferimenti in denaro effettuati dai soci della srl a titolo di anticipi fornitori che risultano dal libro mastro depositato agli atti. Trova ingresso la censura del fisco secondo cui mancano le delibere dell'assemblea che giustificano i versamenti e ogni altra documentazione in grado di legittimarla. Dietro il rosso si cela il nero, osserva insomma il collegio. Sono d'accordo la dottrina ragioneristica e la giurisprudenza di legittimità: non c'è dubbio che quando si chiude un conto di cassa in rosso le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti.

 

E dunque non si può fare a meno di ravvisare senza alcuna forzatura l'esistenza di altri ricavi non registrati: la chiusura di cassa con segno negativo oltre a rappresentare un'anomalia contabile denota in sostanza l'omessa contabilizzazione di attività almeno pari al deficit. Si applica il riparto dell'onere della prova regolato dal regime di presunzioni di cui agli articoli 54, secondo comma, 633/72 e 39, secondo comma, del dpr 600/73, rispettivamente in materia di Iva e Ires: l'amministrazione non deve fornire alcun altro elemento presuntivo, mentre è la società contribuente a dover dimostrare ulteriori componenti positivi del reddito, ad esempio a titolo di prestiti o conferimenti, corrispondenti al saldo di cassa e di provenienza diversa rispetto ai ricavi contabilizzati. Oppure a dover provare errori nelle scritturazioni o problemi di impostazioni contabile. Ora la parola passa al giudice del rinvio.

 

14/12/2019

(Italia Oggi)