News

A chi appartiene il lastrico solare? Al condominio

  • Stampa

Non ha titoli il proprietario dell’appartamento all’ultimo piano. E ciò anche se al terrazzo si accede soltanto dall’abitazione mentre al catasto risulta riaccorpato ai locali sottostanti. Ricognizione della giurisprudenza della Cassazione in tema di fabbricati e tetti

 

Pagine a cura di Dario Ferrara

 

A chi appartiene il lastrico solare dell'edificio? Al condominio e non al proprietario dell'appartamento all'ultimo piano, a meno che non risulti diversamente dal titolo d'acquisto dell'immobile. E ciò anche se al terrazzo si accede soltanto dall'abitazione mentre al catasto il lastrico risulta riaccorpato ai locali sottostanti. Da una parte pesa la presunzione di condominialità ex articolo 1117 del codice civile, dall'altra la circostanza che i dati del catasto sono utili soprattutto a fini fiscali. È quanto emerge dall'ordinanza 22339/19, pubblicata dalla seconda sezione civile della Cassazione, che ha accolto il ricorso del vicino, che non ci sta: ritiene un «furto» l'operazione compiuta dal condomino dell'interno 23, che ha recintato lo spazio in cima al fabbricato per utilizzarlo come terrazzo. Il condominio rinuncia all'azione in primo grado e resta contumace nel secondo. Sbaglia la Corte d'appello a riformare la sentenza dal Tribunale, rigettando la domanda di rilascio sul rilievo che il lastrico solare costituirebbe una pertinenza esclusiva dell'appartamento sottostante perché è raggiungibile solo da quell'unità immobiliare. In realtà il tetto dell'edificio svolge la funzione di proteggere lo stabile, anche se può diventare oggetto di usi accessori e dunque essere sfruttato come terrazzo. Vale dunque la presunzione ex articolo 1117 cc secondo cui la proprietà esclusiva deve risultare in modo chiaro e univoco dal titolo di acquisizione dell'immobile.

 

Un tempo il fabbricato apparteneva a un ente pubblico che in seguito aveva dismesso l'appartamento dell'interno 23 in favore di un'immobiliare, la quale l'aveva venduto agli attuali proprietari: la natura di pertinenza esclusiva, dunque, sarebbe dovuta risultare dall'originario atto di trasferimento. Il diritto di proprietà, al pari dei diritti reali, non può essere provato sulla base delle annotazioni contenute nei registri catastali, che costituiscono semplici indizi: la titolarità di un immobile può essere acquisita soltanto con un contratto scritto a contenuto traslativo con il precedente titolare del diritto, mentre un negozio di mero accertamento può aiutare a fare chiarezza sulla situazione giuridica ma non sostituire il titolo costitutivo. Parola al giudice del rinvio.

 

I precedenti. Anche l'occhio, poi, vuole la sua parte. Il condomino dell'ultimo piano ben può sopraelevare sul lastrico di titolarità esclusiva ma il manufatto deve armonizzarsi con le linee architettoniche del fabbricato, altrimenti l'opera è illegittima: il diritto ex articolo 1127 cc garantito al proprietario esclusivo non incontra l'unico limite del rispetto dei diritti degli altri condomini, in quanto l'aspetto del fabbricato costituisce un valore tutelato dalla legge. Lo ha stabilito, con l'ordinanza 10848/19, la seconda sezione civile della Cassazione. Accolto anche qui il ricorso dei vicini: non contano solo il rispetto delle prese d'aria e di luce o la tutela del prestigio dell'immobile fra i diritti da riconoscere agli altri condomini. La Suprema corte non concorda con la Corte d'appello che riteneva legittima la sopraelevazione del proprietario esclusivo sul mero rilievo che l'opera non nuoce alle condizioni statiche dell'edificio e osservando che «l'incidenza sull'aspetto architettonico dello stabile costituirebbe un riflesso assolutamente fisiologico dell'utilizzo di beni propri all'interno del condominio», laddove diversamente si svuoterebbe di contenuto la facoltà di sopraelevare. La pronuncia si pone in contrasto con il chiaro disposto dell'articolo 1127, commi secondo e terzo, del codice civile, secondo cui la sopraelevazione non è ammessa anche quando risulta lesiva dell'aspetto architettonico dello stabile. E dunque il giudice del merito non può ritenere legittima la costruzione senza valutare se le sue caratteristiche stilistiche si sposano con quelle dell'edificio o se ne discostano in modo netto sulla base della sola percezione visiva.

 

Impossibile, infine, non tenere conto delle previsioni del regolamento di natura contrattuale, che possono essere più restrittive della legge. Risulta irrilevante che la opera sia stata realizzata sul lastrico esclusivo perché anche in tal caso operano i limiti imposti dall'articolo 1127, ultimo comma, cc. La parola passa al giudice del rinvio.

 

E ancora, su copertura e calpestio: il conduttore dell'immobile non è corresponsabile del danno da infiltrazioni d'acqua dal lastrico solare anche se non vuole rilasciare l'immobile per consentire la realizzazione dei lavori di isolamento. Se infatti le opere necessarie fossero stata compiute per tempo, il pregiudizio non si sarebbe prodotto. E la responsabilità grava per un terzo sul proprietario esclusivo del lastrico e per i restanti due terzi sul condominio: la regola di ripartizione è mutuata dalle spese di riparazione e di ricostruzione ex articolo 1126 cc. È quanto si legge nell'ordinanza 16792/18, pubblicata dalla terza sezione civile della Cassazione, che s'innesta sul solco delle Sezioni unite con la pronuncia 9449/16.

 

Diventa definitiva la decisione della Corte d'appello. La responsabilità per i danni da infiltrazione dalla copertura dell'edificio va ricondotta da una parte nella responsabilità da custodia e dell'altra nell'ambito del più generale principio del neminem laedere; mentre le norme ex articoli 1123 e 1126 cc non pongono obbligazioni propter rem ma regolano la ripartizione interna delle spese. Risponde ex articolo 2051 cc il soggetto che ha la proprietà o l'uso esclusivo del lastrico. Risponde ex articolo 2043 cc il condominio quando l'amministratore non pone in essere gli interventi necessari cui è tenuto per la conservazione delle cose comuni ex articolo 1130 n. 4 cc; altrettanto vale quando l'assemblea non delibera le opere di manutenzione straordinaria che le competono ex articolo 1135 comma primo n. 4 cc. Tra proprietario esclusivo e condominio si configura un concorso nel danno, a meno che non sia fornita la prova rigorosa della specifica imputabilità al primo: il primo paga un terzo del risarcimento perché utilizza il lastrico non solo come copertura ma anche come piano di calpestio; il secondo gli altri due terzi in quanto la superficie «incriminata» svolge la funzione di copertura dell'edificio.

 

Nel nostro caso i conduttori sono esonerati da responsabilità perché il condominio prima della locazione ha già svolto nell'area lavori che si sono rivelati inadeguati: la causa delle infiltrazioni è il cattivo stato di manutenzione della superficie. Insomma: il rifiuto di rilasciare i locali non risulta rilevante. Al condominio spettano anche i lavori al passetto, il piccolo tratto di terrazzo delimitato da un muretto che dà accesso alla porzione di lastrico di proprietà esclusiva.

 

Ancora. Le spese per i lavori al lastrico solare non possono essere poste a carico dei soli proprietari degli appartamenti sottostanti al lato danneggiato se il regolamento condominiale di natura contrattuale prevede una ripartizione degli esborsi sulla base dei millesimi vista la peculiare forma a lettera «T» che ha la palazzina. Il giudice del merito deve infatti esaminare in via interpretativa la disciplina convenzionale e non può applicare direttamente l'articolo 1126 cc. È quanto emerge dalla sentenza 4183/17, pubblicata dalla seconda sezione civile della Cassazione, che ha accolto il ricorso dell'avvocato-condomino che già in primo grado era riuscito a far annullare le delibere adottate dall'assemblea. Da dividere ci sono le spese per impermeabilizzare la terrazza a uso esclusivo e rifarne il pavimento oltre che per risarcire i danni delle infiltrazioni d'acqua al condominio del piano di sotto. Frettolosa la Corte d'appello quando stabilisce che i costi sono a carico dei soli condomini che abitano lungo la colonna immediatamente sottostante il lastrico solare in quanto fruiscono della sua funzione di copertura. E ciò perché il giudice di secondo grado si concentra sulla disciplina legale ignorando quella convenzionale: il regolamento, infatti, ripartisce in base ai millesimi di proprietà le spese per le cose comuni oppure di uso o servizio comune. La questione è posta dall'avvocato-condominio fin dall'atto di citazione: la forma a «T» della palazzina fa in modo che già in precedenti delibere il regolamento sia stato interpretato nel senso che a farsi carico delle spese non debbano essere soltanto i condomini che abitano lungo la verticale sotto il lastrico. Sarà dunque il giudice del rinvio ad accertare se la quota posta a carico di tutti i proprietari in base ai millesimi non abbia proprio l'effetto di compensare la partecipazione soltanto per un quarto dei proprietari esclusivi dei terrazzi, facendoli contribuire pro quota anche al residuo, che ai sensi dell'articolo 11226 cc avrebbe dovuto gravare soltanto sui proprietari delle unità immobiliari sottostanti.

 

13/01/2020

(Italia Oggi)