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Perché in Italia non piace il sistema maggioritario

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I sistemi proporzionali sono per natura più confacenti a un Paese pluralista e frammentato dal punto di vista ideologico, culturale, territoriale e istituzionale

 

Alfonso Celotto*

Pubblicato il

17 Gennaio 2020

Ultima modifica

17 Gennaio 2020 18:01

 

La Corte costituzionale ha appena dichiarato inammissibile il referendum sulla legge elettorale che avrebbe trasformato il nostro sistema elettorale in un maggioritario puro, eliminando la quota proporzionale del c.d. Rosatellum.

 

È una decisione che non sorprende, poiché si pone in linea con la giurisprudenza costituzionale precedente in materia di “auto-applicativita” del referendum elettorale: gli organi costituzionali debbono essere sempre in grado di funzionare e essere rinnovabili.

 

La Consulta ha riconosciuto che la richiesta regionale di referendum è troppo “manipolativa” per essere auto-applicativa.

 

Ma, tra le righe, dobbiamo ricordare che In fondo, in Italia, il sistema maggioritario non piace proprio a nessuno: sono anni, addirittura secoli che non si vota in Italia con un maggioritario. Lo prevedeva, in effetti, la legge 17 dicembre 1860, n. 4513, ossia la legge elettorale del Regno di Sardegna che fu adottata anche per il nascituro Regno d’Italia, e con cui si sarebbe votato fino al 1882. Si trattava di un sistema maggioritario uninominale con ballottaggio. Già nel 1882 i collegi uninominali furono sostituiti da collegi plurinominali, e la lenta transizione verso un sistema proporzionale puro sarebbe stata completata nel 1919, con il suffragio universale (maschile).

 

Così, nel 1946 gli stessi Comitati di Liberazione Nazionale spinsero per l’adozione di un sistema proporzionale, perché tutti volevano essere rappresentati e nessuno intendeva correre il rischio di essere tagliato fuori.

 

Del resto, quando in Italia si è votato con il sistema maggioritario misto, prima con il c.d. Mattarellum, l’effetto è stata la formazione di grandi coalizioni-“accozzaglie”, frantumatesi subito dopo le elezioni.

 

Storicamente, il maggioritario ha funzionato (e bene) nei sistemi bipolari e bipartitici, nel Regno Unito dei laburisti opposti ai conservatori, negli Stati Uniti dei repubblicani avversi ai democratici, perché garantisce alternanza al governo. I sistemi proporzionali sono per natura più confacenti a un Paese pluralista e frammentato dal punto di vista ideologico, culturale, territoriale e istituzionale, quale tradizionalmente l’Italia. In un paese così sarebbe davvero rischioso un maggioritario puro, che terrebbe fuori dal parlamento anche un partito con il 20 per cento dei consensi.

 

E allora tutti vogliono il proporzionale, possibili vincitori e possibili sconfitti. perlomeno chi nei sondaggi rimane indietro.

 

Cos'è e come funziona il "Germanicum": il sistema elettorale proposto dal Movimento 5 Stelle

 

E quindi forse andremo verso il c.d Germanicum, ovvero la nuova legge elettorale proposta dalla maggioranza: un sistema proporzionale puro ispirato al modello tedesco, con soglia di sbarramento al 5%, Il problema vero è che, il proporzionale (che invece piace a tutti) non è mai riuscito a garantire la governabilità: nei 74 anni di storia repubblicana, si sono avvicendati 66 diversi governi, spesso fragili. Numeri chiarissimi.

 

Occorre ideare allora correttivi, quali premi di maggioranza e soglie di sbarramento, che consentano la governabilità. Ma questa – citando La storia infinita di Michael Ende - è un’altra storia.

 

*docente di diritto costituzionale Università Roma Tre

 

(La Stampa)