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Coronavirus, "No alle protezioni fai da te: non difendono dal contagio. Per il dopo serviranno 5 milioni di mascherine al giorno"

Giuseppe Sala, direttore del dipartimento di Scienze e tecnologie aerospaziali del Politecnico alla guida di Polimask: "I foulard e le stoffe riparano solo da agenti macroscopici, le chirurgiche vanno buttate dopo l’uso, le Ffp2 e Ffp3 possono essere sanificate ma non a casa"

 

di TIZIANA DE GIORGIO

06 aprile 2020

 

"Mi auguro che la gente usi il buonsenso. Non deve passare l'idea che per proteggersi va bene tutto: abbiamo già dimostrato che non è così". A dirlo è Giuseppe Sala, il direttore del dipartimento di Scienze e tecnologie aerospaziali del Politecnico, alla guida di Polimask. Il progetto nato su richiesta della Regione per aiutare le aziende a riconvertire la produzione e reperire nuove mascherine. È qui che gli ingegneri dell'ateneo milanese hanno condotto centinaia di test sui tessuti arrivati da tutta Italia per capire quali fossero in grado di proteggere dal virus. Prove che hanno dimostrato come solo il 2 per cento dei materiali potesse essere usato per la produzione di nuovi presidi sanitari, quei famosi "tessuti non tessuti" impiegati normalmente nell'industria dei pannolini, degli assorbenti o dell'abbigliamento tecnico.

 

Professore, la nuova ordinanza del Pirellone prescrive di usare la mascherina quando si esce. Ma anche, "in subordine, qualunque altro indumento a copertura di naso e bocca" come sciarpe e foulard. Dai vostri test non era emerso che il cotone, la seta o lino non proteggono?

"Proteggono da qualcosa di macroscopico. Se io starnutisco e ho davanti un fazzoletto non è come non avere nulla. È come dire "tossisci" nell'incavo del gomito, parliamo di buone pratiche che comunque non possono prescindere dalle regole sulle distanze. Guai, però, se le persone credono che possano sostituire una mascherina".

 

In questi giorni sono ancora in tanti a non trovarle. E in molte case si continua a tagliare e cucire mascherine improvvisate.

"È proprio il fai da te che mi spaventa. Un conto è se sto camminando in strada con il cane. Un altro se entro in un supermercato o in una farmacia. Se sono un asintomatico e ho davanti alla bocca la federa di un cuscino non serve a nulla: questo maledetto virus passa. E come ho già spiegato più volte, i meccanismi di filtraggio delle mascherine vere sono complessi, chiamano in causa meccanismi elettrostatici che i tessuti comuni non hanno".

 

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Chi ne ha una vera ha spesso dubbi. Per quanto tempo usarle? Ed è vero che si possono sanificare con un disinfettante per prolungarne l'utilizzo?

"In questi giorni stiamo facendo dei test sul riuso. Le mascherine chirurgiche no, vanno buttate ragionevolmente dopo l'equivalente di un turno di lavoro. Le più preziose Ffp2 e Ffp3 usate dal personale sanitario e dalle forze dell'ordine sì. Lei pensi ai vigili del fuoco, che non hanno grandissimi mezzi, quanto sarebbe utile. Ma se mi sta chiedendo se chiunque le può sanificare a casa le rispondo a malincuore di no".

 

Come mai?

"Il problema non è eliminare l'agente patogeno. Può darsi che se le immergo nella candeggina, le strofino con l'ipoclorito di sodio o le metto a bollire si puliscono. Il punto però è garantire che quel materiale continui a essere efficiente nel filtraggio: il rischio è che venga facilmente danneggiato. Ed è pericolosissimo credere di essere protetti quando non lo siamo".

 

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E quindi come si fa?

"I test che stiamo facendo in questi giorni ci diranno con precisione la capacità di filtraggio dopo queste operazioni. Ci sono diverse tecniche possibili: si puliscono tenendole per alcuni minuti in un ambiente idro-alcolico, anche a 60 gradi. Ma servono strumentazioni adeguate per farlo".

 

A che punto sono le nuove filiere che avete creato per la produzione di mascherine?

"Sono partite in tre, sono in grado di produrne un milione e mezzo al giorno, e contiamo di avviarne altrettante questa settimana. Mi permetta di dire che questo tema sarà ancora più importante in vista di una ripartenza".

 

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Perché?

"In Lombardia servono 5 milioni di mascherine chirurgiche al giorno e un milione di "dpi" per gli addetti ai lavori. Nel momento in cui si riapre tutti dovranno averne una: in scuole, uffici, fabbriche, chiunque".

 

(La Repubblica)