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Esame di Stato bloccato per migliaia di giovani, ma potrebbero essere subito utili

Una danno per il Paese e per chi vede sfumare opportunità di carriera. L’emergenza Covid-19 ha cancellato la prova prevista per oggi

 

walter passerini

Pubblicato il

07 Aprile 2020

 

Un esercito di giovani arenato sullo spiaggione della burocrazia. Sono i giovani professionisti che attendono lo sblocco degli esami di Stato e di abilitazione all’esercizio della professione rinviati a data da destinarsi. Sono decine di migliaia di giovani che non solo si sono laureati nelle specialistiche, ma in molti casi hanno già svolto i tirocini pratici, riconosciuti e autorizzati dalle università, come previsto da quasi tutte le professioni. Parliamo di aspiranti avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, farmacisti, notai, geometri e psicologi, tutte professioni che sarebbero utili anche dentro l’emergenza coronavirus. Sono giovani che in molti casi avrebbero alcuni il posto prenotato, altri una carriera da avviare, ma non lo possono fare, perché manca qualcosa.

 

Quel quid mancante è stato superato di recente nel caso dei medici. Diverse migliaia di dottori sono stati abilitati con il solo titolo accademico e senza l’esame di Stato. Lo prevede una delle norme del decreto per l’emergenza approvato domenica 15 marzo. Hanno ottenuto il giudizio positivo sul loro tirocinio e saranno medici, senza altri adempimenti. Avrebbero dovuto sostenere la prova oggi 7 aprile. Certamente per i medici ha contato l’emergenza coronavirus, ma il precedente potrebbe essere esteso a tutte le professioni.

 

Assurdità

C’è anche l’assurdo di professioni in cui i giovani aspiranti professionisti si sono laureati, hanno completato il tirocinio, hanno superato le prove scritte dell’esame di Stato ma devono sottoporsi al colloquio finale. Insomma, sono sul filo di lana, ma devono attendere ancora, perdendo opportunità di lavoro e di carriera, e rappresentando un vulnus, una disuguaglianza nei confronti di altri abilitati senza esame di Stato. Il pasticciaccio è evidente. Già siamo campioni di trascuratezza verso i giovani. Già li abbiamo quasi costretti a emigrare all’estero. Già non diamo loro l’occasione di mostrare le loro competenze. Ora li freniamo con la burocrazia. Insomma una via crucis. Non siamo un paese per giovani, soprattutto se sono aspiranti professionisti.

 

(La Stampa)