News

Visco cita Keynes. "I sacrifici di oggi non siano un alibi per rinviare le riforme"

  • Stampa

Il governatore di Bankitalia riprende il testo dell'economista sull'uscita dalla guerra: "Sacrifici per uscire dalla crisi diminuendo le diseguaglianze". Italia parta "dai punti di forza dei quali qualche volta ci scordiamo"

 

di ROBERTO PETRINI

29 Maggio 2020

 

ROMA - "Ce la faremo partendo dai punti di forza di cui qualche volta ci scordiamo; affrontando finalmente le debolezze che qualche volta non vogliamo vedere". Speranza e monito. Mai come stavolta il governatore della Banca d'Italia, nelle Considerazioni finali all'epoca dell'epidemia, è chiaro e sferzante: "Nessun ottimismo retorico" ma un "impegno concreto". Un richiamo alla realtà e al senso di responsabilità degli italiani e di chi ci governa.

 

La situazione descritta dal governatore è grave: la parola che pronuncia con maggiore frequenza è "incertezza", i dati che elenca vanno dalla contrazione del Pil del nostro paese che sta tra il 9 e il 13 per cento nello scenario peggiore, alla crescita delle diseguaglianze (con il Gini Index, che le misura, salito di 2 punti durante la crisi).

 

C'è però anche la speranza. Si basa su quelli che Visco chiama i punti di forza. Export, competitività, ricchezza delle famiglie, basso indebitamento privato. Aspetti positivi che dobbiamo saper utilizzare per "offrire alle generazioni future concrete possibilità di progresso negli standard di vita, nelle condizioni di salute, nei livelli di cultura generale".

 

Ma questi punti di forza sono solo una precondizione. Bisogna fare in fretta, incalza Visco a "rafforzare la nostra economia" e fare le "riforme". Anche perché - e qui torna il tema della fiducia - ci sono aspetti che riguardano la digitalizzazione della nostra economia, emersi durante i duri mesi del lockdown: come il boom delle vendite on line, dello smart working e del pagamento con le carte di credito. "Nuove opportunità", le chiama Ignazio Visco che saranno colte dalle imprese più efficienti.

 

Oggi l'emergenza più che finanziaria, sembra quella dell'economia reale e dell'efficacia delle politiche economiche. Il sottile richiamo al libro del 1940 di John Maynard Keynes, "Come pagare il costo della guerra", suona come sigillo del suo messaggio. Dice Keynes: ci vuole per il Dopoguerra un piano "concepito in uno spirito di giustizia sociale e su sacrifici generali, che non deve essere una giustificazione per rinviare le riforme, ma un'occasione per procedere più avanti verso la riduzione delle diseguaglianze".

 

(La Repubblica)