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Visco: l’evasione aumenta il peso delle tasse, ripensare il sistema fiscale

Nelle Considerazioni finali 2020, il governatore avverte che il Pil può scendere del 9-13%. La ripresa sarà lenta, e nel frattempo scenderà l’occupazione e crescerà il numero delle famiglie in difficoltà. Per salvarci, bisogna varare riforme incisive e spendere bene gli aiuti dell’Ue

 

roberto giovannini

Pubblicato il

29 Maggio 2020

Ultima modifica

29 Maggio 2020 18:05

 

Le parole chiave delle Considerazioni Finali 2020, lette di fronte a una platea più ristretta del solito dal Governatore di Banca d’Italia, sono tre: pandemia, con le sue devastanti conseguenze economiche e sociali. Incertezza, ovvero gli infiniti rischi che si presentano per il nostro Paese. Riforme, e incisive, cioè l’unica via - insieme a un utilizzo intelligente delle risorse che saranno messe a vario titolo a disposizione dall’Europa - per riuscire a costruire una nuova “normalità” (che, dice Visco, sarà diversa da quella che conoscevamo prima dell’emergenza virus) fondata sulla crescita equilibrata e sul superamento dei vecchi mali che impediscono all’Italia di camminare secondo le sue potenzialità.

 

Bankitalia, Visco: "Estrema incertezza, ma insieme ce la faremo"

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La fotografia della crisi

L’impatto della pandemia è stato durissimo. Nel primo trimestre, dice Visco, il Pil italiano ha registrato una flessione dell’ordine del 5 per cento; “gli indicatori disponibili ne segnalano una caduta ancora più marcata nel secondo”. Alla metà di maggio, rispetto a dodici mesi fa, il traffico aereo era inferiore di oltre l’80%, quello sulle autostrade di quasi il 50 per cento, i consumi di gas per uso industriale di oltre il 15%, i consumi elettrici del 6%. Le aspettative delle imprese e dei responsabili degli acquisti sono sotto terra, e intanto il conto peggiore lo hanno pagato trasporti, ristorazione, attività ricettive, ricreative e culturali, servizi alla persona e commercio, “quasi alla paralisi dell’attività”. Risultato, la partecipazione al mercato del lavoro è caduta di quasi 300mila unità.

 

Economia in quark - Covid-19, nonostante le enormi cifre stanziate non si eviterà la recessione

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La risposta del governo

Bankitalia promuove sostanzialmente le prime iniziative del governo, che “si è mosso secondo le medesime priorità che hanno guidato gli interventi a livello internazionale, concentrandosi sulla capacità di risposta del settore sanitario e sugli aiuti ai lavoratori, alle famiglie, alle imprese”, varando interventi che appesantiscono il deficit 2020 di 75 miliardi, il 4,5% del Pil. Abbiamo speso più o meno come la Germania, e più della media dell’Ue, molto più di Francia e Spagna.

 

Visco: "Nel 2020 calo del Pil tra il 9% e il 13%"

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Lo scenario che ci attende

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Nello scenario migliore, con una ripresa che parte nell’estate, spiega il governatore, la caduta del Pil si aggirerà intorno al meno 9%, “una flessione superiore a quella sofferta in due riprese tra il 2008 e il 2013”. Il recupero parziale inizierebbe dall’estate, e nel 2021 dovremmo recuperare metà del terreno perduto. Senza gli interventi del governo, va notato, il crollo sarebbe arrivato al -11 per cento. Nello scenario peggiore, ovvero se le condizioni economiche si aggravano e soprattutto se arriva una seconda ondata del virus, allora la caduta del Pil 2020 arriverà al 13%.

 

L'economia in quark - Gli scenari economici dopo il Covid-19, quali scelte dovrà fare l'Italia?

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L’impatto sulla società

"La recessione avrà significative ripercussioni sul mercato del lavoro”, dice Visco, con effetti “contenuti dalla sospensione dei licenziamenti e dall'ampio ricorso alla Cassa integrazione guadagni, che ha finora coinvolto circa sette milioni di lavoratori, quasi la metà dell'occupazione privata alle dipendenze”. Misure che a breve “contrastano l'impoverimento di ampi strati della popolazione e l'allargamento delle differenze economiche, accresciuti dalla maggiore presenza di lavoratori a basso reddito nei settori più colpiti”, ma non tutela i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro, i precari, gli stagionali, i lavoratori autonomi e gli irregolari. Ancora, l’indisponibilità di liquidità, specie per le famiglie più povere determina “un aumento significativo del numero di famiglie che non riescono a mantenere standard di vita accettabili". Come mostra l’aumento dell’indice Gini che misura le diseguaglianze, ai valori massimi dal 2009.

 

In più c’è l'impatto di recessione e misure governative sulle finanze pubbliche: "un lascito pesante che impone una presa di coscienza della dimensione delle sfide di fronte a noi. L'economia italiana deve trovare la forza di rompere le inerzie del passato e recuperare una capacità di crescere che si e' da troppo tempo appannata. Nonostante le profonde ferite della crisi e le scorie non ancora assorbite di quelle precedenti, le opportunità in prospettiva non mancano; il Paese ha i mezzi per coglierle”.

 

L'economia in quark - In momenti come questi va fatto più deficit, quando cresceremo si ridurrà il debito

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La strada per uscirne

Sarebbe una pura illusione pensare di cavarsela semplicemente con un aumento della spesa pubblica, “se non se ne accresce l’efficacia e se non si interviene sulla struttura dell’economia”. La soluzione è “rompere le inerzie del passato, e recuperare una capacità di crescere che si è da troppo tempo appannata”, con un progetto a lungo termine “per innalzare il potenziale di crescita” o l’Italia resterà indietro. In altre parole, serve “un disegno organico di riforme”: pubblica amministrazione, fisco, infrastrutture, ricerca, università. Il governatore fa due esempi: la rete fissa a banda larga che copre meno di un quarto delle famiglie contro il 60 per cento della media europea, o la spesa per l’università, dove investiamo la metà dei paesi Ue più vicini.

 

Sul fisco, serve “un profondo ripensamento della struttura della tassazione”, che oggi vede una forte incidenza dell’economia sommersa e dell’evasione, “che si traduce in una pressione fiscale effettiva troppo elevata per quanti rispettano pienamente le regole”, penalizza le imprese, genera rendite. Occorre dunque “un profondo ripensamento della struttura della tassazione, che tenga anche conto del rinnovamento del sistema di protezione sociale, deve porsi l’obiettivo di ricomporre il carico fiscale a beneficio dei fattori produttivi”.

 

(La Stampa)