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Revisione condizionata per le tabelle millesimali

Lo ha chiarito la Cassazione: occorre oggettiva divergenza tra i valori delle unità immobiliari

La rettifica dei valori può avvenire soltanto se manca un accordo negoziale tra condomini. Con la recente sentenza n. 11846, la Cassazione è tornata a occuparsi del tema con una serie di considerazioni n merito alla natura dell’errore che ne rende possibile la revisione

 

di Gianfranco Di Rago

 

Revisione condizionata per le tabelle millesimali. Infatti, la rettifica dei valori espressi nelle tabelle può avvenire soltanto ove le stesse non siano il frutto di un accordo negoziale con cui gli originari proprietari abbiano inteso regolare gli oneri comuni gravanti sulle singole unità immobiliari in modo difforme dal criterio generale della proporzionalità tra i rispettivi valori. Ove manchi la prova di questa diversa volontà dei condomini è possibile ottenere giudizialmente la revisione delle tabelle, fermo restando che l'errore rilevante a questi fini non è il vizio del consenso, ma la obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari e il valore proporzionale a esse attribuito. Con la recente sentenza n. 11846, depositata lo scorso 18 giugno 2020, la seconda sezione civile della Cassazione è tornata a occuparsi del tema della revisione delle tabelle millesimali, apportando alcuni chiarimenti sulla complessa questione, per quanto la fattispecie affrontata dai giudici fosse temporalmente soggetta alle disposizioni codicistiche ante riforma.

 

Il caso concreto. Nella specie i condomini di un edificio avevano convenuto in giudizio un altro condomino per fare accertare che la tabella dei millesimi relativi alle varie unità immobiliari conteneva evidenti errori e non era al contempo più attuale, siccome talune di esse avevano subito modifiche e trasformazioni. Gli attori avevano quindi chiesto che il tribunale, previa acquisizione di una consulenza tecnica, provvedesse a rideterminare la tabella millesimale. Il condomino convenuto si era invece opposto a tale domanda. Acquisito l'elaborato del consulente tecnico d'ufficio, il giudice aveva accolto la domanda, facendo propria la nuova tabella elaborata dal Ctu (Consulente tecnico d'ufficio).

 

La sentenza era stata allora impugnata dinanzi alla Corte di appello, ma quest'ultima aveva provveduto a confermarla. I giudici si erano basati sulla considerazione che la domanda dei condomini si giustificava non solo alla luce dell'esistenza di errori obiettivi, ma anche sul fatto che le unità immobiliari in questione fossero state trasformate in un unico appartamento, incorporando parte del corridoio, delle scale e dell'ascensore, trasformando di fatto il sottotetto in mansarda abitabile. Secondo la Corte di appello la revisione delle tabelle millesimali era quindi consentita dalla presenza di obiettive divergenze tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari e il valore proporzionale a esse attribuito e che l'utilizzo a fine abitativo dell'unità immobiliare del condomino appellante aveva determinato una palese incongruenza, dovendosi fare riferimento alla situazione reale di essa e non già a quella meramente documentale.

 

Il condomino appellante, per nulla convinto, si era quindi rivolto alla Suprema corte, denunciando, in particolare, la nullità della sentenza di secondo grado per l'apparenza ovvero l'insufficienza della motivazione. Secondo il condomino i giudici di merito avevano sbagliato, con riferimento alla previsione di cui al n. 1) dell'art. 69 disp. att. c.c. (in base al quale le tabelle possono essere revisionate quando sono conseguenza di un errore), perché l'impugnata sentenza non dava conto di un eventuale errore commesso nella predisposizione delle tabelle. Inoltre, con riferimento alla previsione di cui al n. 2) dell'art. 69 disp. att. c.c. (in base al quale le tabelle possono essere revisionate quando si sia verificata una notevole alterazione del rapporto di valore dell'unità immobiliare rispetto all'edificio nel suo complesso), la medesima pronuncia non aveva chiarito in quale momento sarebbe avvenuta l'alterazione del valore della propria unità immobiliare e che la stessa fosse di notevole portata.

 

La decisione della Suprema corte. I giudici di legittimità hanno accolto il predetto motivo di ricorso, ritenendo che la motivazione addotta dalla Corte di appello a sostegno della propria decisione fosse da ritenere del tutto apparente. In particolare, dalla sentenza in questione non era dato comprendere se la domanda dei condomini attori di revisione delle tabelle millesimali fosse stata ritenuta fondata sulla base dell'art. 69, n. 1, disp. att. c.c. oppure sulla base del comma 1, n. 2 dello stesso articolo.

 

Che la Corte di appello non avesse inteso procedere nella prima direzione era in realtà intuibile, secondo la Cassazione, dal fatto che nella sentenza di secondo grado fosse stato dato atto dell'assenza di errori evidenti commessi nella predisposizione delle tabelle, circostanza che induceva a escludere il riscontro nella fattispecie dell'ipotesi di cui al n. 1), dell'art. 69 disp. att. c.c. Per altro verso la corte di merito aveva genericamente dato atto di un diverso utilizzo dell'immobile di proprietà dell'appellante, senza connotarlo né cronologicamente né qualitativamente in relazione alle ipotesi per le quali, ex art. 69, n. 2), disp. att. c.c., possono mutare le condizioni di una parte dell'edificio, né rispetto al parametro della notevole alterazione (il nuovo testo post riforma parla di alterazione di oltre un quinto) del rapporto di valore tra le unità immobiliari che ne fanno parte. Sulla base di quanto sopra, la Cassazione, richiamandosi alla propria più recente elaborazione giurisprudenziale in tema di tabelle millesimali, ha quindi operato una serie di considerazioni di indubbio interesse in merito alla natura dell'errore che ne rende possibile la revisione. Sono infatti astrattamente possibili due eventualità. Nella prima, statisticamente meno ricorrente, può risultare che i condomini abbiano espressamente dichiarato di accettare che le proprie quote nel condominio siano determinate in modo difforme da quanto previsto dalla legge, che ha introdotto un principio di proporzionalità tra le varie unità immobiliari che compongono l'edificio, dando quindi vita a un accordo che, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., che attribuisce rilievo esclusivamente alla obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell'edificio e il valore proporzionale a esse attribuito nelle tabelle.

 

Nella seconda e più ricorrente ipotesi, invece, i condomini, tramite l'approvazione della tabella millesimale, anche in forma contrattuale (mediante la sua predisposizione da parte dell'unico originario proprietario e l'accettazione degli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari, ovvero mediante l'accordo unanime di tutti i condomini), intendono non già modificare la portata dei loro rispettivi diritti e obblighi di partecipazione alla vita del condominio, bensì semplicemente determinarla dal punto di vista quantitativo, con una dichiarazione di approvazione che non riveste natura negoziale. Di conseguenza in questo caso può essere fatto valere l'errore che, in forza dell'art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle, che a sua volta non coincide con l'errore quale vizio del consenso di cui agli artt. 1428 e ss. c.c., ma consiste appunto nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari e il valore proporzionale a esse attribuito convenzionalmente.

 

29/06/2020

(Italia Oggi)