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Covid: in povertà assoluta 2,1 milioni di famiglie. L'appello: "Reddito di emergenza, proroga fino al 15 settembre"

A chiedere una proroga della scadenza di presentazione della domanda per ottenere il Rem sono il Forum delle Disuguaglianze e l'Alleanza per lo sviluppo sostenibile: al momento lo ha richiesto solo un quarto degli aventi diritto. Censis: a rischio almeno 830 mila posti di lavoro. Oltre la metà degli italiani con il lockdown ha perso da un quarto alla metà del reddito, per i giovani la percentuale si alza fino al 60 per cento

di ROSARIA AMATO

 
 

30 Luglio 2020

 

ROMA - La pandemia mette a rischio più di 800 mila posti di lavoro, e potrebbe spingere nella poverta 2,1 milione di famiglie. Dall'indagine Censis-Confcooperative "Covid, da acrobati della povertà a nuovi poveri" emerge che a pagare le conseguenze del lockdown e della crisi economica esplosa con la pandemia sono soprattutto le famiglie più povere, con lavori irregolari, che rischiano di perdere quel delicato equilibrio che consentiva loro di far fronte alle spese necessarie e a poco più.

E' per questo che l'AsVIs e il Forum delle disuguaglianze chiedono una proroga al 15 settembre della scadenza per la presentazione della domanda per l'erogazione del Reddito di emergenza anche perché, spiegano le due organizzazioni, fino al 30 giugno a chiederlo sono state solo 455 mila nuclei familiari, attesta l'Inps. Eppure ad averne diritto sono invece due milioni di persone, contestano AsVIs e Forum Disuguaglianze.
 

"Grazie alla campagna informativa sul REM, avviata dal Governo il 20 luglio scorso, nelle ultime settimane un numero crescente di persone ha fatto richiesta della prestazione. Tuttavia, la possibilità di presentare la domanda scadrà domani, 31 luglio. - si legge nel comunicato diffuso dalle due organizzazioni - Il ForumDD e l’ASviS chiedono pertanto al governo di prorogare la scadenza al 15 settembre così da consentire a chi ne è venuto a conoscenza più tardi di poter ricevere questo sostegno straordinario: i fondi per garantirlo ai 2 milioni di aventi diritto sono già stati stanziati nel Decreto Rilancio per cui non ci sarebbero costi aggiuntivi. Una proroga che non costerebbe nulla di più allo Stato, quindi, ma darebbe una possibilità di uscire dalle difficoltà a tante persone che ancora non hanno usufruito di questo loro diritto.
 
Secondo il rapporto Censis-Confcooperative sono a rischio disoccupazione già dai prossimi mesi 830 mila lavoratori, a cominciare dai titolari di contratti a termine e dai dipendenti di ditte individuali che quindi sono più soggette alla crisi. La crisi acuirà le distanze territoriali, penalizzando il Mezzogiorno, e accentuerà le disuguaglianze. Del resto l'Istat oggi ha comunicato che a perdere il lavoro da febbraio a oggi per via dell'emergenza Covid sono già 600 mila persone.

Ma già le conseguenze della crisi sono arrivate per le fasce più fragili della popolazione. Nei due mesi di lockdown 15 italiani su 100 hanno visto ridursi il reddito del proprio nucleo familiare di oltre la metà mentre altri 18 italiani su 100 hanno subito una contrazione compresa fra il 25 e il 50% del reddito, per un totale di 33 italiani su 100 con un reddito ridotto almeno di un quarto. Ai giovani è andata peggio: il peggioramento inatteso delle propria situazione economica ha riguardato 41 individui su 100 di età compresa fra i 18 e i 34 anni (riduzione di più del 50% per il 21,2% e fra il 25 e il 50% per il 19,5%). In sintesi, la metà degli italiani (50,8%) ha sperimentato un’improvvisa caduta delle proprie disponibilità economiche, con punte del 60% fra i giovani, del 69,4% fra gli occupati a tempo determinato, del 78,7% fra gli imprenditori e i liberi professionisti. La percentuale fra gli occupati a tempo indeterminato ha in ogni caso raggiunto il 58,3%.

Le prospettive non sono delle migliori: la crisi fa paura,  il 55% della popolazione teme che si possano diffondere rabbia e odio sociale come conseguenze delle difficoltà economiche, e il 50% prevede un forte aumento della disoccupazione e un numero crescente di persone costrette a dipendere da sussidi e sostegni da parte dello Stato, mentre il 33,9% teme che proprio l’intervento dello Stato possa essere insufficiente per la sanità e per le misure di contrasto alla povertà, alla disoccupazione e ad altre emergenze sociali. E il 25,5% teme di veder svanire i risparmi di una vita.

«Il paese vede la sua competitività ferma al palo dal 1995. Abbiamo un’occupazione più bassa della media europea. Un deficit che è cresciuto di 20 punti e un Pil che chiuderà con un rosso a due cifre sfondando il tetto del 10%. Abbiamo una geografia sociale ed economica del Paese molto sbilanciata – dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative – con poco meno di 23 milioni di lavoratori, oltre 16 milioni di pensionati, 10 milioni di studenti (con una formazione che non è sempre d’eccellenza) e oltre 10 milioni di poveri. Il problema non è il deficit, ma la capacità o meno di poterlo pagare. In merito al Recovery Fund, subito risorse per politiche strutturali che tendano sia alla salvaguardia dell’attuale occupazione, ma soprattutto alla creazione di nuovo lavoro. Solo rilanciando innovazione, competitività e occupazione potremo far fronte ai debiti che abbiamo contratto, ridurre le diseguaglianze e costruire un modello di Paese più equo, più sostenibile».

 

(La Repubblica)