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Il lockdown ha tolto il lavoro soprattutto ai giovani e alle famiglie in affitto o con il mutuo

Il rapporto Prometeia-Legacoop sulla Fase 3. La crisi frena inoltre la ripresa dei beni "voluttuari" e quindi i settori dove si concentra il lavoro degli under 35 stentano a ripartire

 

di ROSARIA AMATO

15 Settembre 2020

 

ROMA - Sono i più giovani, i più fragili, i lavoratori e le famiglie destinati a subire ancora a lungo le conseguenze economiche della pandemia per via delle difficoltà di ripresa dei consumi "voluttuari". Under 35 e lavoratori poco istruiti sono i più colpiti dallo stop dapprima imposto per legge ad alcuni settori economici, e poi proseguito in parte per le difficoltà del Paese: lo rileva il MonitorFase3 Prometeia-Legacoop. A fermarsi con il lockdown infatti è stato il 73% dei lavoratori tra i 15 e i 34 anni, mentre la percentuale per gli over 54 si è fermata sotto il 50%. Ad aggravare le condizioni di chi non ha potuto lavorare il fatto di avere anche una condizione economica più fragile perché obbligato a pagare l'affitto o il mutuo (52%): solo il 43% delle famiglie che hanno potuto continuare a contare sullo stipendio si trova invece in questa situazione.

 

Il lockdown ha aggravat di chi gia si trovava in una situazione di svantaggio. A subire lo stop delle attività produttive soprattutto chi poteva contare su risparmi limitati (le famiglie con almeno un lavoratore bloccato hanno reddito e ricchezza netta più bassi, rispettivamente, 35.806 euro contro 36.026, e 198.555 contro 230.559 euro) nonché attività finanziarie e liquidità più limitate (rispettivamente, 23.840 euro contro 32.854; 11.505 contro 18.253 euro). Anche il titolo di studio ha costituito una aggravante negativa: i più a rischio risultano i lavoratori con licenza media (il 70% del totale del relativo livello di istruzione), seguiti da quelli con diploma di scuola secondaria (62%), licenza elementare (55%), laurea (38%).

 

Inoltre questa condizione di svantaggio provocata dal lockdown rischia di protrarsi a lungo. Infatti i settori più colpiti dalle chiusura sono anche quelli a maggiore rischio di ripresa: manifattura, costruzioni, commercio, alloggio e ristorazione, intrattenimento e cultura. I beni e i servizi di carattere "voluttuario" infatti sono i primi ad esser tagliati dalle famiglie preoccupate di non poter far fronte a tutti gli impegni finanziari obbligatori. Alla perdita di reddito causata dal blocco delle attività si somma quindi quella dovuta al loro prolungato rallentamento a causa di una domanda che stenta a ripartire.

 

"Avvicinandosi l’autunno, - avverte Mauro Lusetti, presidente di Legacoop - dobbiamo essere consapevoli della effettiva profondità della questione sociale che rischia di aprirsi: lo shock dei mesi passati non ha colpito nello stesso modo imprese e settori, ma pure ceti e singole persone. Come era facile prevedere, anzi, l’impatto più pesante è arrivato sui ceti più fragili, esposti, precari, e ha creato disequilibri preoccupanti. Ora ne abbiamo la conferma e offriamo una fotografia piuttosto precisa per indirizzare misure che leniscano le lacerazioni. Altrimenti la locomotiva che tutti stiamo spingendo non ripartirà, o lo farà più lentamente".

 

(La Repubblica)