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Energia e reti, i settori che hanno battuto economicamente Covid-19

Studio della società Agici: le utility, sia le aziende locali sia i grandi operatori nazionali, hanno difeso il giro d'affari, e i profitti anche nel lockdown. E hanno continuato a investire nei primi sei mesi dell'anno

 

di LUCA PAGNI

16 Settembre 2020

 

Roma. E stato uno dei settori che meglio ha resistito nei mesi più difficile dell’economia italiana colpita – come ovunque nel mondo – dalle ricadute del lockdown. I numeri delle utility nei primi sei mesi dell’anno sono lì a dimostrarlo. Sia le società multiservizio locali (dalla gestione dei rifiuti all’illuminazione pubblica), sia i produttori di energia che i grandi gestori delle reti elettriche e del gas, i bilanci aziendali sono per la stragrande maggioranza in utile e solo in qualche caso hanno denunciato cali di ricavi o di reddittività.

 

L’ulteriore conferma è arrivata da uno studio di Agici Finanza d’Impresa. Nel documento, che verrà presentato in un webinar venerdì prossimo, sono stati presi in esame i “fondamentali” di 12 maggiori gruppi del settore quotati in Borsa così come si possono leggere nelle relazioni semestrali disponibili per gli investitori. Ne esce un quadro di un settore particolarmente resiliente alla crisi causata dalla pandemia, in particolare tra gli operatori di rete indipendenti.

 

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Non tutti i dati sono positivi, ovviamente. Non avrebbero potuto esserlo, vista la frenata dalla produzione industriale che ha chiamato un calo della domanda di energia e di servizi annessi. Lo si vede molto bene alla voce ricavi: complessivamente le utility hanno perso un 16% del giro d’affari rispetto ai primi sei mesi di un anno fa. C’è stato un impatto meno rilevante per le multiutility locali (-7,7%) e molto di più per i produttori (-18,1%). Mentre gli operatori di rete sono andati addirittura controcorrente (+5,5%).

 

La capacità di fare efficienza tipica di un settore che negli ultimi anni è stato attraversato da un profondo ammodernamento ha consentito di mantenere pressoché inalterato il livello dei profitti rispetto a un anno fa. Con qualche differenza: meglio, in questo caso, i gruppi energetici (+4,5%), un po’ peggio le multiutility (-4,4%).

 

In crescita per tutti la posizione finanziaria netta, a dimostrazione che il settore ha comunque continuato a investire: +16% le multiutility, +12% le reti, mentre solo i gruppi energetici hanno mostrato un rallentamento (-6%).

 

Come spiega Marco Carta, amministratore delegato di Agici, c’è un filo conduttore che spiega la bontà dei risultati: “Sono aziende sane che in questi anni si sono dotate di una capacità tecnologica di livello e sono finanziariamente solide. In particolare, possono contare su business regolati, dove gli investimenti godono di una remunerazione certa e questo elemento è un potente stabilizzatore, sia dei ricavi che della reddittività. Teniamo anche conto che sono settori che stanno attraversando grandi cambiamenti e che gli investimenti sono fondamentali: ma avendo una remunerazione certa, garantiscono che il sistema rimanga in salute e proceda nei dovuti modi verso la transizione energetica”.

 

E come mai le reti sono andate meglio degli altri settori? “Nel loro caso – spiega ancora Carta - la remunerazione è l’elemento centrale, gli operatori esposti al mercato hanno sofferto di più. Il loro nemico, se coì possiamo dire, è all’esterno delle aziende: per contribuire al meglio agli obiettivi di decarbonizzazione, queste aziende avrebbero bisogno di veder ridurre i tempi dei processi autorizzativi e delle pratiche burocratiche. Solo un esempio: per un impianto eolico ci vogliono anche 4-5 anni, bisognerebbe ridurre il tutto a 2 anni al massimo per i progetti più complessi”.

 

(La Repubblica)