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L’appaltatore non paga? Il lavoratore può rifarsi sul committente

Ricorrendo all’ispettorato, otterrà il dovuto (paghe e contributi) entro 30 giorni. Stop, inoltre, ai ricorsi ai “comitati per i rapporti di lavoro” (si presentano al direttore dell’Itl) e tempi più corti per l’esecutività (60 anziché 90 giorni)

 

di Daniele Cirioli

 

L'appaltatore non paga? Il lavoratore può rifarsi sul committente. Ricorrendo all'ispettorato, otterrà il dovuto (paghe e contributi) entro 30 giorni. La novità, operativa dal 15 settembre, arriva dalle legge n. 120/2020 che modifica la «diffida accertativa per crediti patrimoniali», con estensione del campo di applicazione anche a chi utilizza le prestazioni di lavoro, oltre che al datore di lavoro già previsto. Stop, inoltre, ai ricorsi ai «comitati per i rapporti di lavoro» (si presentano al direttore dell'Itl) e tempi più corti per l'esecutività (60 anziché 90 giorni).

 

La diffida accertativa. La «diffida accettava per crediti patrimoniali» mira a facilitare le procedure di soddisfazione dei crediti di lavoro (paghe, retribuzioni, indennità, maggiorazioni, etc.). Con essa, l'ispettore, se nel corso dell'attività di vigilanza emergono inosservanze alla disciplina contrattuale da cui derivano crediti di natura patrimoniale a favore dei lavoratori, intima al datore di lavoro di corrispondere gli importi accertati. In via di principio, la diffida si applica ai rapporti di lavoro dipendente, ma si può adottarla anche nei rapporti non subordinati (come co.co.co.), almeno nei casi di compensi legati a presupposti oggettivi e prefissati che non richiedono verifica sulla quantificazione.

 

Nuovi obbligati in solido. Finora l'ispettore poteva adottare la diffida nei soli confronti del datore di lavoro omissivo. Dal 15 settembre (entrata in vigore della legge n. 120/2020) «la diffida trova applicazione anche nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, da ritenersi solidalmente responsabili dei crediti accertati». La legge non precisa chi siano tali «soggetti» nuovi obbligati; si tratterà, senz'altro, del committente nell'ambito di contratti di appalto e subappalto di opere e servizi e dell'impresa utilizzatrice nella somministrazione di lavoro.

 

Cambia il ricorso. Ricevuta notifica della diffida, il datore di lavoro può promuovere, entro 30 giorni, un tentativo di conciliazione presso l'Itl. Se c'è accordo, la diffida decade. Se passa inutilmente il termine di 30 giorni o se l'accordo non viene raggiunto, la diffida acquista efficacia di titolo esecutivo con l'emissione di un decreto del direttore dell'Itle, che comporta la possibilità per il lavoratore di agire per soddisfare i crediti retributivi. Da qui iniziano le novità della legge n. 120/2020. La nuova disciplina prevede che, entro i 30 giorni, in alternativa al tentativo di conciliazione, il datore di lavoro può fare ricorso contro la diffida al direttore dell'Itl che l'ha adottata. Tale ricorso, notificato anche al lavoratore, sospende l'esecutività della diffida per 60 giorni entro i quali il ricorso deve essere deciso. Le novità, dunque, sono tre:

 

a) il ricorso contro la diffida non va più presentato ai «comitati per i rapporti di lavoro», ma all'Itl (ispettorato territoriale del lavoro);

 

b) il termine per la decisione del ricorso è ridotto di un mese: da 90 a 60 giorni;

 

c) non è più necessario il decreto del direttore dell'Itl per conferire esecutività alla diffida che l'acquisisce automaticamente (e più velocemente) acquisita, una volta spirati i 60 giorni.

 

18/09/2020

(Italia Oggi)