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Una caporetto a Piazza Affari

La seconda ondata del Covid punisce tutto il Ftse Mib, tranne Diasorin. Lo scandalo bancario internazionale sollevato da ICIJ danneggia (di riflesso) anche i nostri istituti, pur se incolpevoli

Una caporetto a Piazza Affari

 

luigi grassia

Pubblicato il

21 Settembre 2020

Ultima modifica

21 Settembre 2020 19:09

 

La seconda ondata del coronavirus costa un lunedì nero alle Borse europee, inclusa quella di Milano (dove resta da decifrare l’impatto che avrà il doppio voto sul referendum e sulle Regioni). Il Ftse Mib ha perso il 3,75% a quota 18.793 punti e l’All Share ha fatto -3,55% a 20.604 (cambio euro/dollaro -0,38% a 1,1787). Un solo titolo positivo sul listino principale, e non è un caso che sia legato alla salute (un comparto premiato dal Covid): Diasorin +1,19%.

 

Bersagliato dalle vendite il comparto industriale: CnhI -8,05% anche a seguito del terremoto al vertice di Nikola (si è dimesso il numero uno e fondatore della società, Trevor Milton) di cui tramite Iveco possiede una partecipazione; arretrano anche Fiat Chrysler Automobiles (-4,25%) e Leonardo (-6,73%). Nell’energia franano Saipem (-7,44%) e Tenaris (-6,56%) seguite da Eni (-4,38%) e Enel (-2,17%). Per Telecom Italia un -3,03%.

 

Raffica di segni meno anche nel settore del credito, dopo indiscrezioni sul presunto coinvolgimento di banche internazionali in transazioni con fondi di provenienza illecita: Banco Bpm -5,86%, Unicredit -5,37%, Intesa Sanpaolo -4,62%, Mediobanca -3,70% e Bper -2,70%. Il sospetto di riciclaggio è stato sollevato da un' inchiesta dell'International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) che fece deflagrare lo scandalo dei paradisi fiscali noto come Panama Papers. Stavolta ICIJ, in collaborazione con BuzzFeed News, ha focalizzato l’attenzione su 2.100 segnalazioni di attività sospette fra il 1999 e il 2017, attività che assommano a 2.000 miliardi di dollari in transazioni segnalate come possibile riciclaggio di denaro o altre attività criminali. La marea di documenti coinvolge in 170 Paesi. A essere coinvolti, per maggior numero di operazioni, sono i colossi del credito Deutsche Bank , Bank of New York Mellon, Standard Chartered, Jp Morgan e Hsbc, e non manca seppur con importi più ridotti la francese Socgen; nella lista non compaiono banche italiane, ma le vendite di titoli del settore a livello mondiale hanno finito percolpire anche i nostri istituti.

 

(La Stampa)